martedì 5 giugno 2018

Di razzismo si muore!


 
Sacko Soumayla – anni 29, migrante dal Mali, bracciante agricolo, organizzatore sindacale dell’ Usb che così lo descrive: "Un ragazzo da sempre in prima fila nelle lotte sindacali per difendere i diritti dei braccianti agricoli sfruttati nella Piana di Gioia Tauro e costretti a vivere in condizioni fatiscenti nella tendopoli di San Ferdinando (Rc)”.
La sua morte avviene a poche ore dalle orrende parole del nuovo ministro dell’interno Matteo Salvini, che parlando nella padana Vicenza ha detto;  “Per gli immigrati clandestini è finita la pacchia, preparatevi a fare le valigie…”.
Soumayla Sacko, nato in Mali, ucciso a fucilate a Rosarno, era venuto in Italia per cercare un po' di futuro, per sopravvivere a stento nella tendopoli di San Ferdinando, sul golfo bello e disperato di Gioia Tauro, Calabria, Italia.
Qui i salari sono da fame, le condizioni di vita al di sotto della dignità, nessuna tutela della salute e della sicurezza, rapporti di lavoro violenti. Una condizione di illegalità diffusa che viene tollerata e anche protetta. 
Soumayla Sacko faceva parte di quei giovani lavoratori, con un’età media di 29 anni, provenienti dall’Africa sub-sahariana occidentale (soprattutto Mali, Senegal, Gambia, Guinea Conakry e Costa d’Avorio). Soumayla era anche un militante sindacale dell’USB e lo hanno ammazzato per un pezzo di lamiera abbandonato che doveva servire per costruire una baracca per i suoi fratelli, dove riposare dopo le tante ore passate al lavoro; non una casa, come spetterebbe ad ogni lavoratore agricolo a cui dovrebbero provvedere i padroni delle terre!
La sindacalizzazione combattiva di lavoratori di origine araba, africana e dell'est europeo, non è tollerata dai padroni. Le lotte nella logistica, ricordiamo anche l’omicidio del sindacalista Abdel Salam a Piacenza, e le lotte nelle campagne del meridione sono l'esatto contrario dello stato di passività di buona parte della classe operaia.
Oggi più che mai, la Piana di Gioia Tauro è il luogo dove l’incontro tra il sistema dell’economia globalizzata, le contraddizioni della gestione del fenomeno migratorio nel nostro paese e i nodi irrisolti della questione meridionale producono i frutti più nefasti.
il mondo non si divide in italiani e stranieri, ma «in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri» (Don Lorenzo Milani)
 

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