Diviene, dunque, urgente fare pressione su tutte le senatrici e i senatori affinché si adoperino per modificare radicalmente tali norme, altrimenti questo Decreto legge sarà ricordato come una delle più lucide operazioni di rimozione “sulla carta” dei problemi di contaminazione dei siti inquinati, più che un decreto “Ambiente protetto” – come è stato incautamente definito dal Ministro Galletti – una norma “Inquinatore protetto”.
Partito con il positivo intento di semplificare le farraginose procedure delineate dal Testo Unico dell'Ambiente (D.lgs.152/2006) si è trasformato in un vero e proprio invito a nascondere la polvere inquinata sotto il tappeto.
Dopo il caso dei poligoni militari trasformati in aree industriali per alzare i limiti di legge per la contaminazione dei suoli, il Decreto n° 91/2014 nasconde una sorpresa ancora più amara per le aree inquinate, da Taranto a Crotone, dal Sulcis a Bussi, da Falconara a Mantova, da Trieste a valle del Sacco ed altri migliaia di siti, anche quelli ancora da scoprire.
Infatti, con tale decreto, dal punto di vista sanitario e giudiziario, si perderebbe la sicurezza sul reale stato di contaminazione a cui sono stati esposti magari per decenni i cittadini. Le popolazioni che vivono in un'area inquinata (ma anche i ricercatori che devono valutare l'esposizione ad inquinanti e le eventuali conseguenze) dovranno basarsi sui dati dei privati per capire se sono stati esposti a pericoli per la salute! Si arriva al paradosso che se un cittadino volesse chiedere i danni sanitari al privato inquinatore dovrebbe basarsi sui dati presentati proprio da chi ha devastato l'ambiente rendendolo pericoloso.
Inoltre, una volta avvenuta la bonifica faranno fede solo i dati “autocertificati” dei privati. Ma viene spontaneo chiedersi: quale privato, quale multinazionale autocertificherà mai l'esistenza di uno stato di inquinamento per il quale potrebbe essere chiamata a rispondere per danni nelle aule dei tribunali?
Tra l'altro è incredibile che non vi sia alcun accenno ai doveri di trasparenza e pubblicazione di progetti e dati integrali, nonché della partecipazione dei cittadini ai procedimenti.
In sede di conversione in legge sarà perciò necessario superare le criticità presenti nel decreto e riguardanti:
- la trasparenza e informazione dei cittadini durante il procedimento;
- la definizione di criteri minimi rispetto ai dati di partenza necessari per redigere il progetto di bonifica e il piano di caratterizzazione;
- l'incredibile innalzamento dei limiti di legge per la contaminazione nelle aree militari;
- la certificazione a campione di questi dati di contaminazione di partenza da parte delle agenzie regionali;
- la modifica del criterio del silenzio/assenso per l'approvazione dei piani di caratterizzazione.
Al momento, la normativa introdotta dal Decreto prevede che il primo passo sia fatto dall'inquinatore o dal proprietario dell'area inquinata, che presenta direttamente un progetto di bonifica autocertificando la veridicità dei dati della contaminazione, senza alcun controllo, anche a campione, da parte dell'ente pubblico. In questa fase emerge un primo problema: come farà l'ente pubblico a verificare l'esatta estensione della contaminazione, visto che è lecito attendersi dai privati una sottovalutazione del reale stato di inquinamento. Ad esempio, si seguirà tutto il corso di un fiume per scoprire l'area esatta interessata dall'inquinamento partito da una fabbrica posta a monte?
A quel punto la procedura prevede una rapida approvazione da parte dell'ente pubblico del progetto di bonifica: 90 giorni. Ricordiamo che il Ministero dell'Ambiente per i Siti nazionali di Bonifica convoca le conferenze dei servizi se va bene con una media di una l'anno per sito!
Approvato il progetto il privato realizza la bonifica. Solo a quel punto presenta un programma di analisi (il cosiddetto Piano di caratterizzazione) delle aree su cui si è intanto intervenuti. Il Piano deve essere esaminato, prima della sua realizzazione, dagli enti pubblici in 45 giorni e alla scadenza di tale termine interviene il principio del silenzio-assenso!
Qui si pone un secondo problema. Le sostanze tossiche sono centinaia e attualmente ci sono dei criteri minimi per cercare un certo numero di queste sostanze sulla base delle lavorazioni che hanno interessato il sito. Questo decreto invece da la massima libertà ai privati di scegliere quali sostanze cercare. Considerando che i costi di analisi e bonifiche sono strettamente collegati al tipo di sostanze, ci si può aspettare che i privati provino a presentare piani di caratterizzazione minimali con pochissime sostanze. Poiché queste scelte spostano decine di milioni di euro, si potrà immaginare la pressione per far decorrere inutilmente quei 45 giorni in modo tale da avere il silenzio-assenso, sollevando anche gli enti da qualsiasi responsabilità in caso di mancata risposta.
A questo punto si fanno le analisi vere e proprio per vedere se la bonifica è stata efficace e, finalmente, si prevedono le controanalisi da parte dell'ARPA locale. Ma su cosa? Ovviamente solo sui parametri indicati dal privato! Inoltre attualmente le ARPA fanno le contro-analisi solo sul 10% dei campioni. Insomma, ci sarà un altissima probabilità di avere bonifiche solo sulla carta.
La caratterizzazione a valle e non a monte porta con sé altri gravissimi problemi di carattere ambientale, sanitario e giudiziario. Infatti oggi la caratterizzazione realizzata dal privato in contraddittorio con gli enti fin dall'inizio della procedura permette di valutare l'esatta estensione della contaminazione, mentre con questo decreto il privato potrà presentare un progetto solo su piccole aree o, almeno, ci proverà. Sarà compito dell'ente pubblico valutare se possono esistere altre aree limitrofe potenzialmente inquinate. Una valutazione che l’Ente dovrà effettuare in pochissimi giorni e su aree estremamente complesse in cui di solito ci vogliono anni per capire bene la reale estensione della contaminazione, senza neppure avere strumenti reali per fare ipotesi in tal senso (ad esempio, l'accesso e la consultazione degli archivi sulle produzioni).
Ciò che chiediamo, invece, al Governo è un Piano generale per la bonifiche, che preveda innanzitutto un potenziamento ed una riqualificazione delle strutture di indagine ambientale e di controllo (ISPRA e agenzie locali con organici adeguati e resi indipendenti dalla politica), un finanziamento consistente per i cosiddetti “siti orfani” a a causa del fallimento delle imprese inquinatrici, un rafforzamento degli strumenti giuridici ed amministrativi per applicare con efficacia il principio “chi inquina paga” ed, infine, un sistema trasparente di informazione dei cittadini interessati che dia conto di tutti i dati.
Solo in questo contesto potrebbe giustificarsi un intervento per semplificare le procedure, intervento che così come configurato ad oggi nel Decreto 91/2014 si tradurrebbe in una potenziale sanatoria regalata agli inquinatori.
Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
Rete Stop Biocidio Lazio e Abruzzo
Coordinamento Nazionale Siti Contaminati

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