in solidarietà alla comunità del Picmiken, Patagonia cilena, in lotta per la difesa delle proprie terre.
Giovedì 8 ottobre dalle ore 19 alle ore 22, Galleria dell'Ombra (Via Nino Bixio 14/a, Brescia)
Ecco, uno dovrebbe solidarizzare con il raggirato, certo. Ma è altrettanto certo che dipende da chi ti raggira.
Sul triste caso del Bossi Umberto prevale la pietas, l'umana comprensione, già aleggia il perdono. Siamo alla vecchia, cara, immortale commedia alla padana: «Cara non è come sembra, posso spiegarti tutto»... Pare una gara, tra i più illustri commentatori, a rendere l'onore delle armi al vecchio capo bolso fatto fesso da figli e famigli. Ma il vecchio capo bolso non era fino a pochi mesi fa addirittura ministro? E il suo partito di lauree comprate all'ingrosso, di diplomi fatti coi trasferelli, non esprimeva nientemeno che il ministro dell'Interno? E questa stirpe di macchinoni pagati con soldi pubblici, di gigolò mantenuti, di terrazzi ristrutturati, di Porsche a noleggio, di scuole padane a spese nostre, non era la stessa che - orgogliosamente - condannava a morte per annegamento centinaia di migranti disperati? Non era forse visibile a occhio nudo il progettino razzista e piccoloborghese del "padroni a casa nostra»?
Comprare il diploma al figlio, la vacanza alla moglie, la laurea alla badante. E tutto dietro lo schermo un po' scemetto del folkolore leghista con cui, ancora ieri, la grande stampa si trastullava. Ma sì, esagerazioni estetiche. Ma sì, frasi a effetto per militanti. «La violenza si è limitata alle fantasie orobiche sui trecentomila valligiani in armi», scriveva ieri il Corriere in prima pagina. Come dire: 'sti leghisti han fatto un po' di spettacolo, ma danni veri mai. E invece. E invece i respingimenti in mare sono cosa loro (e del socio Silvio). Il finto reato di immigrazione clandestina per cui migliaia di innocenti sono oggi nelle galere italiane, pure. Il calpestamento del diritto di asilo, anche. La vergogna per qualche milioncino fregato senza destrezza è oggi tutta padana. La vergogna per non aver fermato, a volte nemmeno visto, i crimini della meschina ideologia leghista, invece, è tutta italiana.
Nel giorno della memoria a Gussago sono state proposte alla cittadinanza alcune iniziative di ricordo e di riflessione tese a far sì che la giornata non fosse solo un adempimento rituale e burocratico ma, sopra tutto, un'occasione di approfondimento e una lezione di civiltà democratica.
Tra queste iniziative ha spiccato quanto proposto dal C.U.P.A. di Gussago nella serata del 27 gennaio.
Si è trattato di una lettura teatrale intitolata ”Uomini ignudi” curata e recitata a cura della Fondazione ITCG “L. Einaudi” di Chiari. Attraverso le voci dei giovani interpreti si ripercorrevano le follie delle leggi e delle pratiche razziali in un susseguirsi di abissi morali e culturali.
A noi sembra che l'evento, al quale la cittadinanza ha risposto con sollecitudine e con convinta partecipazione riempiendo la sala civica Togni, sia stato un'utile occasione di riflessione impreziosita dalla giovane età degli interpreti; quest'ultima annotazione dà il senso di continuità e di attualità della tensione sui temi trattati e del passaggio di consegne militanti dell'antifascismo e dell'antirazzismo in quasiasi modo declinato.
Dispiace che a questo appuntamento non abbiano sentito lo stimolo a partecipare i rappresentanti delle Istituzioni comunali; nessun membro dell'attuale Consigliatura ha ritenuto di usare un poco del suo tempo per condividere questo spazio di riflessione antirazzista.-
I nostri “solerti” amministratori sono più propensi ad accorrere in modo pletorico alle varie sagre, mostre o manifestazioni delle grappe, spiedi o bolliti vari, mentre si rintanano nelle loro casette quando in ballo ci sono argomenti cosi frivoli e superati come
Il negazionismo ormai è superato, troppo ingestibile e non cavalcabile. Molto meglio rifugiarsi nel più comodo e vergognoso “Ignorazionismo”.
Un’ altra piccola, grande offesa recata da questi signori a tutta la comunità democratica Gussaghese.
No, le puttane del regime non sono quelle bellissime, sensuali e tristi signore disposte a travestirsi da poliziotte o da crocerossine per soddisfare le stravaganze erotiche del presidente pagliaccio.
Non sono quelle conturbanti e volgari ragazzine minorenni o poco più, che si congedano dai festini di Arcore con in tasca i preziosi compact disc di tal Apicella, rigorosamente imbotti da un congruo numero di quei bigliettoni viola, che quasi nessuno di noi comuni mortali, operai, impiegati, pensionati, studenti, disoccupati o precari, ha mai visto. Non sono quelle appariscenti e un po’ volgari bellezze accoccolate attorno alla pancia del cavaliere-imperatore che deve rilassarsi dopo gli estenuanti impegni di governo, perché dovete sapere che distruggere scuola, cultura, lavoro, diritti e stato sociale, è faticoso, molto faticoso. Le puttane di regime non sono quei corpi giovani, sodi e freschi, disposti a concedersi a un potente bavoso settantaquatrenne, in cambio di un appartamento in comodato d’uso e di una speranza per un radioso futuro televisivo e, perché no, politico.
No, le puttane di regime sono altre e altrove sono da cercare.
Senza troppa fatica le possiamo trovare in quello stuolo di parlamentari e politici supini e ossequianti che inneggiano al complotto e si inventano, con eloqui più o meno raffinati, mille giustificazioni e pretesti a difesa del loro potente padre-padrone. Si rintanano in quell’accozzaglia di barbari giornalisti senza scrupoli, la cui unica missione, in barba ad ogni verità, è sempre stata quella di fare a pezzi con ogni modo e mezzo gli avversari politici, salvo poi sbraitare e inneggiare ai nobili e inviolabili valori del garantismo, quando è il loro datore di lavoro a essere coinvolto in qualche scandalo. Si annidano in quel codazzo di azzeccagarbugli prezzolati, la cui unica arte forense sviluppata, è quella della ricerca sistematica di cavilli e vizi di forma, in grado di procrastinare processi e sentenze fino all’agognata prescrizione. Attecchiscono come la gramigna in quello sconfinato microcosmo di difensori dei sacri valori di dio-patria-famiglia, pronti però a perdonare, travisare, giustificare, assecondare e inchinarsi al sudiciume del potente di turno, ridimensionando a trascurabile “marachella” la palese arroganza, immorale, disonesta e illegale dei loro comportamenti pubblici e privati.
Sì, queste sono le vere e sole puttane di regime. Insieme e intorno a loro si ramifica la complicità e la connivenza di quei, purtroppo ancora troppi cittadini, che non trovano la forza e la voglia di indignarsi e di ribellarsi davanti alla putrefazione morale, politica, sociale e culturale in cui questi servi-sodali hanno invischiato il nostro povero Paese. Anch’essi, senza neppure un compenso, prostituiscono la loro dignità di cittadini e di persone, garantendo consenso incondizionato a squallidi governanti senza scrupoli e senza pudore. A loro dobbiamo ricordare che esiste un’Italia diversa, un’Italia migliore, un’Italia devastata e calpestata ma non annientata da vent’anni di degrado berlusconiano, un’Italia che può rialzare la testa e ritrovare il gusto di essere protagonista di un profondo riscatto e di un nuovo rinascimento. Al di là delle soggettive collocazioni politiche, chiunque abbia a cuore i valori alti e nobili della politica vera, ha il dovere di costruire approdi sicuri, puliti e trasparenti per chi si rifugia nell’alibi scontato e desolante del “tanto son tutti uguali”. L’approdo sicuro della buona politica, quella fatta dalle persone per le persone, quella lontana anni luce dalle perversioni del potere, dai satrapi arrapati e dai suoi nauseanti servi. FF.
Ha vinto il sì - pur se di pochissimo - anche nei reparti bunga-bunga dello stabilimento di Arcore. Ora i turni per le signorine saranno più lunghi, la pausa per riposare solo di dieci minuti, il diritto di sciopero non più garantito. A quanto si apprende, avrebbero votato no le ragazze più sveglie, quelle che il lavoro lo conoscono, ne sanno le fatiche, la stanchezza, il logoramento che porta. Il palo della lap dance spesso freddo a inizio turno, la mensa sempre un po' triste con le pennette tricolori e le canzoncine che inneggiano al padrone Berluschionne, l'umiliazione del ritiro delle buste con lo stipendio, senza contributi né assegni familiari. E intanto, dicono molte, sentite dalla questura, il piano industriale non è chiaro, non arriva, non te lo fanno nemmeno vedere. Altre denunciano una specie di caporalato: Emilio chiama Lele, Lele passa col furgone a prelevarle, loro arrivano in fabbrica e si cambiano: via i vestiti e su la tuta, da infermiera, da poliziotta, a seno nudo. Dopo la pausa (dieci minuti) alcune escono dai cancelli, stanche, altre restano per gli straordinari, che possono durare anche tutta la notte.
Il nuovo accordo prevede niente malattia prima dei festivi e niente diritto di sciopero, chi vota no perde anche il diritto all'appartamentino pagato dall'azienda. Hanno votato sì le più privilegiate, le impiegate, quelle passate dalla catena di montaggio ad incarichi più prestigiosi, come il reclutamento, o l'affido dalla questura di lavoratrici minorenni sorprese fuori dalla fabbrica senza documenti. Di queste condizioni di lavoro al limite del disumano, qualcuna parla, racconta al telefono alle colleghe, ruba qualche foto nei reparti e la mette sul suo computer. Il padrone, stock options comprese, guadagna mille, diecimila, centomila volte quello che prendono loro. Chi non ci sta è fuori dalla fabbrica, ributtata per la strada. Fabbrica Italia. E se compare una stella a cinque punte tracciata col rossetto sullo specchio del bagno? La stampa è molto allarmata: tornerà il terrorismo?
NAZIONALIZZAZIONE ALL’ORATORIO
Dalle nostre parti all’oratorio ci siamo passati tutti, o quasi. In tutti gli oratori c’era un campo da calcio, acquitrino d’inverno, polverone d’estate e, immancabilmente, di là dalla rete, un villone con cane feroce in giardino, finestre sempre chiuse anche ad agosto e padrone di casa mai visto ma sicuramente stronzo.
Poteva essere a sud, ovest, nord, est ma senza fallo, anche se tiravi da centro campo una palla a campanile che più verticale non si può, sfiga o vento o vento della sfiga o sfiga del vento…il pallone finiva sempre là e buonanotte. Seguivano mesate di pomeriggi a “colpa tua che crossi sempre da destra, no tua che sposti troppo il gioco a sinistra, va così perché vi ammucchiate troppo al centro” (qualcuno aveva già le idee chiare. Ma questa è solo la nota del redattore). Ogni tanto passava il curato: “Chi viene a confessarsi oggi? A chi si fa fare una bella confessione magari regalo un pallone…”. “Lascia perdere, Don, che per confessarci ci confessiamo da soli tutti i giorni!”.
Finchè un giorno arriva uno strano… va bene, diciamola tutta, uno proprio antipatico che tutto sicuro di sé fa “Ciao, sono Marchio”…………Nino:”Ciao, ma come parli, c’hai mal di denti?” M. “No è perché sono apolide”. Giova: “Sarai mica contagioso? Ma dove abiti?” M. “Là, nella Villa, è di mio papà… ma perché ti tocchi?” Tira fuori un “pallonedicuoio”…uguale stesso identico a quello che tre mesi prima era volato (sfiga, vento, vento di sfiga, sfiga di vento) nel giardino della Villa. Coro: “ma quel pallone…”. Marchio: “beh? Me lo ha regalato mio papà, è un ricord.. un patrimonio… cazzo è mio e basta! Volevo essere generoso e giocare con voi.” Nino:“’azzo! Sei contro sei, Giova in porta, Abdu all’attacco, Karim alla verniciatura…(no, cancella, questa è un’altra storia) dicevo: Giova in porta….”. Marchio: ”vecchi, siete vecchi! Adesso si gioca a futbol americano.” Giova: “ma dai che cazzo dici, a quel gioco lì si gioca con una palla sbilenca come quella del rugby! Non si può giocare così…”. Marchio: “Voi sapete solo dire di no, non sapete cos’è moderno, io sono il futuro!” Voci: “Ma che cazzo ti succede.. hai visto la madonna … dove compri da fumare…????”. Karim: “Decidiamo tutti insieme cosa si gioca, no?” M.: “va bene, votiamo: se vince la mia proposta si gioca a quello che dico io, quando dico io e finchè ne ho voglia io, se vince l’altra prendo il Mio pallone e vado a giocare in Canada!”. E tutti: “ma vaff’…” . No, non proprio tutti. Anche all’oratorio c’era sempre, ve lo ricordate? qualcuno di quei prepotenti che non avevano abbastanza coraggio di essere prepotenti in proprio e tiravano fuori la loro natura quando c’era uno più prepotente di loro cui fare da tirapiedi (dite la verità: quanti ne conoscete?. Chi ha detto “servi”? Linguacce…) Ce ne sono un paio anche in questo oratorio e, finalmente liberi di servire qualcuno, Gudìars e Pritiengels (sono piccini ma i baffi ce li hanno già tutti e due) corrono immediatamente in soccorso del più forte: “Ha ragione, questo è il futuro, non capite che è per il vostro bene? Siete dei violenti, parlate solo dei vostri diritti…”.
E allora vien voglia di mandarli a cagare , loro e il loro pallone di merda, che restino a giocare da soli e di non rivorgergli più la parola neanche se viene il vescovo o il papa a chiedercelo. Però, però, è la terza volta che mettiamo insieme i soldi per comprare un pallonedicuoio e tutte le volte finisce in mano a qualche stronzo che dice ch’è suo e vuol giocare come dice lui…
Non sarebbe ora di fregarglielo e giocare come sappiamo fare noi?“Chiediamo solo di poter vivere e lavorare alla luce del sole”. In queste laconiche, semplici e solo apparentemente ovvie parole, sta il senso della clamorosa protesta dei migranti bresciani, che hanno resistito per 17 giorni sulla gru del cantiere della metropolitana., riuscendo a dare rilievo nazionale alla loro sacrosanta protesta. Moltissimi di loro sono in Italia da anni, desiderosi solo di condurre un’esistenza dignitosa e invece costretti a sopravvivere con lavori precari e sottopagati (al limite della schiavitù) che hanno fatto la fortuna degli imprenditori nostrani. Un giorno il governo si inventa una “specie” di sanatoria e per loro si accende la speranza. Pagano il dovuto (centinaia e centinaia di euro) e dopo un anno lo stesso governo respinge le loro richieste senza nemmeno risarcirli degli importi versati. E’ un’autentica truffa sulle spalle dei soggetti più deboli e ricattabili della nostra società, una truffa che spinge queste persone a organizzare un presidio in Via Lupi di Toscana, davanti alla Prefettura. Il presidio dura un mese ed è completamente ignorato dalle istituzioni. Non solo, viene negato il permesso per una manifestazione e viene letteralmente raso al suolo dalle ruspe di Rolfi e Paroli. Da qui scatta l’occupazione della gru e l’inevitabile spettacolarizzazione della protesta.
Là, tra la terra e il cielo, in quell’abissale vertigine di
Molti cittadini bresciani, indipendentemente dalla loro collocazione politica, hanno portato la loro vicinanza e il loro sostegno in questa battaglia di civiltà e di umanità. Per 17 giorni siamo stati sotto la gru con i nostri fratelli migranti. Siamo stati sgombrati,caricati, manganellati, arrestati, ma l’unica arma che avevamo era quella della solidarietà. Un’arma che al potere dava fastidio, un’arma che hanno fatto di tutto per neutralizzare. Senza riuscirci.
Siamo stati sopra e sotto quella gru perché nessuna persona può essere definita illegale. Siamo stati sopra e sotto quella gru perché l’applicazione del reato di clandestinità è un’odiosa indecenza della nostra legislazione, siamo stati sopra e sotto quella gru perché riteniamo intollerabile vivere in una società grassa e volgare che discrimina gli ultimi e fa di tutto per cancellare la loro vita e i loro più elementari diritti.
La battaglia ora deve continuare. La grande visibilità ottenuta grazie alla gru ci spinge a proseguire un’azione che consenta ai migranti truffati di ottenere il giusto permesso di soggiorno. Ma la battaglia più lunga e difficile è quella contro quel “senso comune” corroso e devastato da anni di politiche e culture xenofobe e razziste. Piccoli e inutili uomini verdi, tanto ridicoli e laidi quanto dannosi, hanno fatto di tutto per convincerci che il pericolo è quello dell’uomo nero. Corrono contro la storia e contro la ragione, senza accorgersi che la più grande minaccia per una pacifica coesistenza è rappresentata dall’intolleranza e dall’egoismo sociale che continuano imperterriti a seminare nelle nostre comunità. F.F.Quanto accaduto Sabato 30 Ottobre a Brescia, in occasione della manifestazione dei migranti, ci consegna in modo inequivocabile il livello dell’imbarbarimento a cui la nostra città è sottoposta. Già nel primissimo pomeriggio Brescia sembrava una piccola tristissima Genova. Il centro storico completamente militarizzato, con le forze dell’ordine che avevano di fatto istituito una specie di “zona rossa”, per impedire a migranti e manifestanti di raggiungere il concentramento della manifestazione. Manifestazione assurdamente non autorizzata col ridicolo pretesto che andava a contrastare le celebrazioni degli Alpini nella vicina P.za della Loggia. Ma nessuno voleva rovinare la festa delle “penne nere”, nessuno voleva sovrapporsi a loro, e si è disperatamente cercato una mediazione per fare in modo che la manifestazione si tenesse, anche attraverso percorsi alternativi. E’ stato tutto inutile e il diktat della questura è stato perentorio e intransigente: nessun corteo e nessuna manifestazione avrebbero dovuto farsi. E così è stato; le moltissime persone confluite ugualmente in Largo Formentone, sono state strette tra due nutritissimi cordini di polizia, gli sono stati fatti vedere i muscoli con una piccola “carica di alleggerimento” e gli è stato in tutti i modi impedito di muoversi per manifestare la propria indignazione sulla ingiusta e disumana vicenda della sanatoria negata a moltissimi migranti.
Ma non si è tenuto conto del livello di disperazione e della determinazione di queste persone, a cui leggi assurde e incivili negano il più elementare dei diritti: quello di esistere ! Una decina di loro si è arrampicata sulla gru del cantiere della metropolitana , e asserragliati a quell’altezza impressionante, resistono in condizioni impossibili, chiedendo il rispetto e l’accoglimento dei loro diritti.
Là, tra la terra e il cielo, in quell’abissale vertigine di
Il punto più atroce di questa vicenda è stato toccato con lo smantellamento del presidio che da oltre un mese vedeva impegnati i migranti in Via Lupi di Toscana. Un’ autentica rappresaglia il cui “modus operandi” ci ricorda pagine che credevamo definitivamente cancellate dalla storia. Le ruspe di Paroli e Rolfi hanno raso al suolo l’accampamento dei migranti, la casetta comprata coi soldi delle sottoscrizioni, la mobilia, le attrezzature , le masserizie, tutto è stato letteralmente distrutto e eliminato con un’arroganza, un cinismo e una prepotenza senza eguali.
Ed ora il ministro Maroni chieda scusa a tutte le donne e gli uomini che hanno dato vita ad una bellissima giornata per i diritti, per la democrazia, per
N
I profeti di sventura hanno schiumato rabbia, quelli che attendevano gli incidenti per sparare il titolo d'apertura del tg di Silvio hanno dovuto ripiegare le spranghe mediatiche in attesa di tempi migliori e di nuove provocazioni.
Eppure il ministro Maroni ne avrebbe di cose di cui occuparsi. Potrebbe, per esempio, chiedere ai prefetti perché non hanno risposto subito alla commissione anti mafia che chiedeva informazioni sui candidati "indegni di stare in lista", per usare le espressioni del presidente Pisanu.
Continua imperterrita l’operazione di revisionismo della giunta Paroli-Rolfi. Il parco Boves, situato nella zona di Lamarmora è dedicato appunto a Boves, cittadina in provincia di Cuneo che fu fra le più attive durante
Con tutto il rispetto per il grande Lucio, di cui abbiamo e continueremo a cantare le splendide canzoni, questa operazione indegna va a rimuovere un altro tassello del grande mosaico di valori che fu la lotta di liberazione dal Nazifascismo.
MELMA VERDE
Il “grande” partito del Nord, quello della sana razza padana, quello che è vicino al suo popolo ed è lontano dai palazzi, quello di “basta con le furbizie e le ruberie di roma-ladrona, quello che la politica bisogna farla con i problemi della nostra gente e bla, bla,bla… insomma quello, avete capito bene, Mercoledì 22 Settembre ha votato compatto, con ferrea disciplina, contro l’uso delle intercettazioni telefoniche nell’inchiesta aperta contro “l’onorevole Cosentino”. Badate bene, il Parlamento non è che dovesse esprimersi per l’arresto o meno di questo signore, si trattava soltanto di dare autorizzazione alla magistratura per l’utilizzo di intercettazioni telefoniche che lo inchiodano in maniera vergognosa alle sue responsabilità e alle sue innegabili connivenze con le organizzazioni camorristiche. Non c’entra niente il garantismo, non c’entra niente la presunzione di innocenza, non c’entrano niente le logiche politiciste !
Il “grande” partito del Nord ha detto no, il “grande” partito del Nord ha preso in parte i giudici che stanno indagando su questioni di malavita organizzata e gli ha detto: no, voi non potete utilizzare le prove che avete raccolto e che sono costate anche tanti soldi pubblici , per giudicare ed eventualmente condannare questa persona.
Ora il “grande” partito del nord ha finalmente gettato la maschera. Dopo aver assorbito voti e consensi non solo sulla paura e l’insicurezza delle persone, ma anche e soprattutto presentandosi come paladini della legalità ,della trasparenza e della politica pulita, ha dimostrato in modo inequivocabile la sua vera vocazione. Una vocazione fatta di torbide e bieche logiche di palazzo, di politica del malaffare, di inciuci e di intrallazzi che sono distanti anni luce dai veri grandi problemi della gente. E quelle ossessionanti crociate sulla sicurezza a tutti i costi si infrangono miseramente sull’esito di quel voto che garantisce impunità a chi da sempre attenta contro la legalità e la moralità delle tante persone perbene, anche di quelli che in totale buona fede li hanno votati e scelti come rappresentanti. Una melma verde che dilaga dal razzismo all’immoralità più sconcertante.
La ministro Brambilla nomina tre giovani di belle speranze all'Aci
*Il ministro mette ai vertici dell'Aci tre manager che si sono fatti da soli. Uno è il suo fidanzato, il secondo è il figlio di
Trovare lavoro ai giovani e valorizzare i loro talenti è una missione nobile e importante: basta con questo Paese dominato dagli ultrasettantenni. E nessuno meglio di Maria Vittoria Brambilla - una vita a sgambettare nelle discoteche prima di diventare misteriosamente ministro - è consapevole dell'esigenza di un ricambio generazionale in questo Paese.
Avendo preso molto sul serio questo suo impegno, la signora Brambilla ha appena trovato lavoro a due giovani - non ragazzini, ma insomma under 40 - molto bravi e promettenti. Uno si chiama Massimiliano, ha 38 anni ed è un simpatico ragazzo che ... ama le camicie rose e le cravatte azzurre, già noto negli ambienti accademici internazionali per essere stato fidanzato con Cristina Dal Basso del Grande Fratello, accanto alla quale è apparsa sulle pagine del settimanale "Chi".
Da ieri, l'ottimo Massimiliano è commissario straordinario dell'Aci, l'umile lavoro che gli ha appunto trovato la signora Brambilla, nella sua qualità di ministro del Turismo. Si ignora al momento l'entità della sua retribuzione ma si ha motivo di ritenere che Massimiliano non avrà il problema di arrivare a fine mese. Del tutto casuale, ovviamente, il fatto che Massimiliano sia figlio dell'imprenditore Bruno Ermolli, uno degli imprenditori italiani più potenti e vicini a Berlusconi, che da anni ricopre cariche di ogni tipo a Mediaset e in Mondadori, oltre ad avere le mani in pasta in tutti i business pubblici-privati italiani (dalla vendita di Alitalia all'Expò di Milano, dalla Scala alla Bocconi).
Siccome tuttavia si sa che ai giovani piace stare insieme, la Brambilla ha pensato che sarebbe stato crudele lasciare il giovane Ermolli da solo all'Aci. Ecco che allora nella squadra del giovane neocommissario il ministro ha subito inserito anche un altro ragazzo di ottime speranze, tale Geronimo, un trentenne che ha in comune con Ermolli junior la passione per le ragazze uscite dal Grande Fratello (è finito suoi giornali di gossip insieme a Vanessa Ravizza) e più di recente è stato fidanzato con la bionda di ottima famiglia Micol Sabbadini. Già frequentatore dei locali di corso Como e dintorni (parliamo sempre di Milano, naturalmente) il giovane Geronimo è un grande amante del mare e poco tempo fa ha rilasciato una pensosa intervista spiegando che la sua nuova barca «ha il teak esteso sia nella spiaggetta sia dentro il pagliolato», e lui «ha scelto personalmente il logo sullo scafo». A Geronimo, che è un ragazzo dai valori semplici, piace però soprattutto frequentare gli amici: in particolare Paolo, Barbara, Giovanni e Francesca, che di cognome fanno rispettivamente Ligresti, Berlusconi, Tremonti e Versace. Ah, anche Geronimo in effetti avrebbe un papà piuttosto famoso e potente - al momento fa in ministro della Difesa e si chiama Ignazio
Non si spiega altrimenti perché accanto a Massimiliano e Geronimo il terzo nome elevato nella nuova governance dell'Aci sia quello di di Eros Maggioni, 42 anni ottimamente portati, odontotecnico e piccolo imprenditore di Calolziocorte, in provincia di Lecco. Amante dell'equitazione, uomo dal carattere schivo che raramente si fa vedere fuori da Calolzio, è il fidanzato della Brambilla da 19 anni.
Pomigliano: gli operai doneranno alla Fiat le figlie adolescenti. Cisl e Uil firmano
di Alessandro Robecchi
Una svolta nelle relazioni sindacali e forse uno spiraglio per la sopravvivenza dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco. Secondo indiscrezioni, l’offerta dell’azienda torinese-americana agli operai di Pomigliano per il mantenimento del posto di lavoro sarebbe complessa e articolata. Ovviamente si chiedono turni sulle 24 ore sette giorni su sette, una disponibilità agli straordinari notturni, la rinuncia al diritto di malattia e al diritto di sciopero.
"Ma a far questo - dice un dirigente che preferisce restare anonimo - son buoni tutti, anche i polacchi". Le richieste agli operai italiani comprendono altre condizioni. La prima: le mogli dei lavoratori Fiat che manterranno il posto di lavoro dovranno presentarsi ai cancelli della fabbrica ogni lunedì con una pastiera napoletana di sei chili da donare ai dirigenti. Sulla pastiera - confezionata con ingredienti freschissimi - dovrà essere scritto "Grazie dottor Marchionne" con lo zucchero a velo, eventuali errori di ortografia saranno puniti con l’immediato licenziamento dei mariti.
Un’altra condizione posta ai lavoratori è quella di aprire una sottoscrizione per il calciomercato della Juventus: servono due difensori sotto i sessant’anni e un centrocampista. Ma la clausola che fa più scalpore, scritta in piccolo nell’offerta di Marchionne ai sindacati, è la cessione delle figlie adolescenti dei lavoratori al management Fiat per un periodo di una o due notti a partire dalla data della firma del contratto.
"Ci sembra una buona proposta - ha detto il leader della Cisl Bonanni - che mette al riparo i lavoratori da una possibile chiusura dello stabilimento e ne salvaguarda la dignità". Quanto alla Uil, ha firmato subito senza nemmeno leggere, perché il suo leader Angeletti aveva una partita a briscola che non poteva rimandare.
ATTACCO AL LAVORO
Il Governo e Confindustria continuano la loro incessante opera di stravolgimento del mondo del lavoro, demolendone i più elementari diritti. L’ennesima ghiotta occasione è data dallo stabilimento della FIAT di Pomigliano, che a detta dell’astuto Marchionne è diventato non più produttivo, quindi, o si delocalizza in un paese dell’est europeo, o si deve procedere con un immediato aumento della sua capacità produttiva.
Aumento della capacità produttiva significa da parte di FIAT imporre un contratto aziendale, derogando di fatto i principi del contratto nazionale e del diritto di sciopero.
Nel dettaglio le condizioni che FIAT utilizza come elementi indispensabili per il mantenimento dello stabilimento sono: l’implementazione di 18 turni settimanali sulle linee di montaggio, 120 ore di straordinario obbligatorio, riduzione delle pause dagli attuali quaranta minuti a trenta per ogni turno, possibilità di comandare lo straordinario nella mezz’ora di pausa mensa per i turnisti, possibilità di derogare dalla legge che garantisce pause e riposi in caso di lavoro a turno, sanzioni disciplinari nei confronti delle Organizzazioni sindacali che proclamano iniziative di sciopero e sanzioni nei confronti dei singoli lavoratori che vi aderiscono, fino al licenziamento, facoltà di non applicare le norme del Contratto nazionale che prevedono il pagamento della malattia a carico dell’impresa.
Queste folli condizioni oltre che a ledere irrimediabilmente il contratto nazionale di lavoro, smembrano ulteriormente la già dissestata unità sindacale, infatti Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl hanno posto la loro firma avvalorando l’accordo capestro, l’unica sigla sindacale a resistere all’annientamento della dignità del lavoratore è
Un accordo, quello proposto dalla FIAT destinato ad azzerare la responsabilità sociale d’impresa in nome di una produzione destinata a saturare un mercato dell’automobile in profondissima crisi. Siamo sicuri che il futuro passi attraverso un aumento della produzione di auto? Si è parlato molto di conversione dello stabilimento di Pomigliano ma nulla è stato fatto, l’auto sembra rimanere ancora un grande affare, ecco perchè l’industria delle energie alternative stenta a decollare.
Stiamo assistendo inermi alla sconfitta della stessa idea di come affrontare le sfide del futuro.
Le urgenze di politiche destinate ad uno sviluppo sostenibile basato sulla crescita economica e sociale capace di integrare qualità della vita ed equità sono state cancellate da ricatti che hanno il solo scopo di mercificare sia il lavoro che il lavoratore.
Non dobbiamo lasciare solo l’unico sindacato in grado di opporsi a questa dirompente strategia anti-sociale, tutte le forze di opposizione sia politica che sociale devono mobilitarsi per dare una nuova voce ai diritti del lavoratore che rischia sempre più di essere alienato, ora tiene banco
Ieri (08/06) Emilia si è recata in comune per chiedere delucidazioni sulla residenza del fratello, ma qui come sempre è stata trattata con poco rispetto.
Le hanno detto che il vicesindaco non riceveva, nonostante abbia ricevuto tutte le persone prima di Emilia.
Emilia si è seduta, e ha aspettato, dicendo che il vicesindaco doveva riceverla visto che aveva ricevuto tutti.
Ad un tratto sono intervenuti i solerti vigili di Montichiari che in un delirio di onnipotenza hanno deciso che Emilia andava portata in centrale.
Uscita dal comune Emilia si è rifiutata di salire sulla gazzella se prima non le dicevano di cosa era accusata.
Nel tentativo di caricarla in macchina un vigile l'ha scaraventata a terra e ammanettata, torcendole un braccio.
Emilia è stata trattenuta ore nella postazione dei vigili, senza poter ricevere cure, e quando è stata fatta visitare, i dottori le hanno ingessato il braccio.
Riportata in caserma è stata trattenuta ancora in una stanza chiusa a chiave, senza acqua nè cibo. Si è rifiutata di firmare tutte le carte che i vigili volevano obbligarla a firmare, ed infine è stata rilasciata con una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale.
E il gesso al braccio. Emilia è parte attiva delle mobilitazioni antirazziste che stanno attraversando Montichiari in questi tempi.
Non coltiviamo nessun interesse per sterili battibecchi politici, ma riteniamo che qualche puntualizzazione sia d’obbligo.
In risposta al nostro post “razzisti a Gussago”, è comparsa recentemente sul sito della lega nord di Gussago (www.leganordgussago.org …leggete e rabbrividite) una risposta dal roboante titolo “noi leghisti stiamo dalla parte della legalità”.
In fondo a tale pezzo, e dopo il raccapricciante manifesto in cui vengono esaltati i respingimenti (manifesto che non abbiamo nessun timore a definire di stile “nazista”), compare una barra su cui è possibile interagire per inserire un commento.
Un nostro compagno ha tentato di farlo, ma qualcosa o qualcuno impedisce la pubblicazione del commento (commento in attesa di moderazione da parte dell’amministrazione)
Ci sembra doveroso pubblicare sul nostro blog sia “l’articolo” dei nostri amici puffi verdi, che la risposta, invero garbata, del nostro compagno. Ci sembra anche inevitabile sottolineare come lo specchietto del Ministero dell’Interno riportante i dati sull’immigrazione, evidenzi in modo netto come le punte più alte di “immigrazione clandestina” si siano consolidate durante i governi di “centrodestra” (nel 2005 governava Berlusconi, così come dall’Aprile 2008). Essendo noi grandi amici dei criminali clandestini non ne facciamo certo un motivo di vanto, ma francamente non riusciamo a capire come possa la lega vendere questi dati come una straordinaria vittoria politica. Probabilmente il tutto è frutto dell’”interpretabilità”, disciplina sempre più in auge e che recentemente ha anche prodotto un originale Decreto.
Un’ultima folkloristica annotazione che vuole anche essere un sommesso consiglio. Leggiamo proprio oggi sui quotidiani locali, la proposta leghista circa una delibera che impone ai ristoratori stranieri di dimostrare la conoscenza della lingua italiana. Ci chiediamo se un aspirante Kebabbaro turco, pakistano, senegalese o marocchino verrebbe promosso dopo aver scritto una cosa tipo “..gli insulti non commentiamo”. Noi temiamo di no….
Noi leghisti stiamo dalla parte della legalità
Per noi i clandestini, sono illegali.
Non devono stare sul nostro territorio.
E le forze dell’Ordine (tutte) lo devono fare: far rispettare
Sinistra a Gussago ama i clandestini, li protegge e li tutela.
Bene, a Gussago adesso è chiaro chi sta dalla parte della Legalità.
Noi Leghisti.
Sinistra a Gussago invece ama stare dalla parte della Illegalità.
Questo è un punto fermo.
NB: agli insulti non commentiamo, quindi lasciamo dire a voi di Sinistra a Gussago le schifezze che dite, sbraitando come “canidi” alla luna.
Cortese amministratore del sito e autore del messaggio, sono, per quanto indegnamente, uno dei “canidi sbraitanti” che militano nella “Sinistra a Gussago”.
Poiché il suo commento è indirizzato per l’appunto al nostro gruppo, vorrei provare a proporle qualche personale considerazione sugli argomenti da lei sollevati.
Alla sua accusa nei nostri confronti di sostegno all’illegalità sarebbe fin troppo facile replicare ricordandole che l’Italia è l’unico paese occidentale, che io sappia, le cui forze di polizia sono affidate ad un ministro pregiudicato.
Il ministro degli Interni, nonché importante esponente leghista, Roberto Maroni è stato infatti, come lei saprà certamente, condannato in via definitiva per i reati di oltraggio e di resistenza a pubblico ufficiale commessi durante i noti disordini avvenuti nel 1996 presso la sede nazionale della Lega in via Bellerio a Milano. Per non parlare poi della condanna definitiva per violazione della legge sul finanziamento illecito dei partiti subita dal senatore Umberto Bossi, reo confesso nel gennaio 1994 di aver ricevuto una tangente dall’Enimont.
Sarebbe fin troppo facile replicare alla sua accusa, giusto per citare anche qualche esempio di cronaca più recente, elencandole i numerosi, troppo numerosi provvedimenti, razzisti e discriminatori, emessi da molte Amministrazioni locali a guida leghista e finora sempre cassati per illegittimità dai tribunali amministrativi.
Ma, come dicevo, sarebbe troppo facile e comodo sfuggire con tali artifici retorici ad un problema di prima grandezza: il rapporto tra legge e giustizia.
Fuori da ogni intenzione polemica, a me è sempre parsa ingiusta, anzi perfino illogica, l’elevazione della situazione di clandestinità alla dignità di reato penale.
Comprendo che un ladro viene perseguito perché danneggia il patrimonio di un suo consimile. Comprendo che uno spacciatore viene perseguito perché mette in pericolo e lede gravemente la salute di un suo consimile. Comprendo che un assassino viene perseguito perché sopprime la vita di un innocente e altera gravemente gli equilibri della pace sociale.
Eppure, spero vorrà perdonare la mia ottusità, non sono mai riuscito a comprendere perché un essere umano, un mio simile, che si trova entro i confini italiani senza un permesso di soggiorno valido in tasca, debba essere considerato dalla legge un criminale. Che male ha fatto? Quali beni ha messo in pericolo? A chi ha provocato danni o ingiurie?
Questo è a mio parere un esempio folgorante della drammatica divaricazione che talvolta le deliberazioni del Parlamento provocano fra legge e giustizia o addirittura fra legge e razionalità.
Ancora più a monte, vorrei poi capire – e non vi sono mai riuscito – come possa essere considerata giusta e logica una legge progettata per regolare il fenomeno immigratorio basata sul principio per cui gli stranieri possono entrare in Italia soltanto possedendo un contratto di lavoro già firmato e validato.
Tralascio qui i casi estremi, ma niente affatto rari, nei quali lo straniero non può in alcun modo rispettare normative del genere perché la legge o la condizione del suo paese d’origine gli impediscono di espatriare in maniera regolare. Mi vengono in mente a questo proposito le situazioni di rigida chiusura imposte alla propria popolazione dalla feroce tirannia Birmana o Nordcoreana oppure la totale assenza di governo e di autorità pubbliche di cui soffrono tuttora i somali.
Tuttavia quando fosse pure possibile per lo straniero lasciare il proprio paese senza alcun problema e senza timore di ritorsioni da parte delle autorità, mi riesce impossibile comprendere come costui (o costei) potrebbe alla partenza già trovarsi in tasca un contratto di lavoro firmato e garantito da un datore che abita all’altro capo del mondo e dal quale non è mai stato neppure visto.
Chi mai assumerebbe ad occhi chiusi una persona senza mai neppure averla messa alla prova? Senza neppure averla mai vista in faccia?
E infine, ma tante e più gravi sarebbero le ulteriori considerazioni da fare sul punto, non sono mai riuscito a comprendere per quale motivo nel nostro paese i decreti della Presidenza del Consiglio noti come “decreti flussi” siano stati sempre – qualsiasi fosse la maggioranza al governo – cronicamente sotto dimensionati rispetto alle richieste avanzate dalle associazioni rappresentative delle imprese e dalle Regioni. Questa perplessità è tanto più pressante adesso, considerando come negli ultimi due anni pure questo imperfettissimo meccanismo sia di fatto bloccato.
Mi permetto di rilanciare a questo proposito un'idea semplice e probabilmente ingenua.
Per tornare a conciliare legge, giustizia e razionalità, non sarebbe meglio sottoporre le leggi sull’immigrazione ad una rivoluzione copernicana? Non sarebbe meglio almeno sperimentare la libera concessione dei permessi di soggiorno a coloro i quali giungano alla frontiera italiana in cerca di lavoro e limitando la validità di tali permessi ad un termine ad esempio semestrale od annuale entro cui lo straniero soggiornante sia tenuto, per poter proseguire la sua permanenza in Italia, a trovare un lavoro regolare? Non sarebbe meglio restringere le ipotesi di clandestinità a quanti non riescano ad adempiere a tale condizione entro i termini stabiliti?
Voglio inoltre aggiungere un interrogativo, il cui taglio sostanzialmente non è, desidero precisarlo, condiviso dagli altri compagni e compagne della "Sinistra a Gussago".
Quando ho letto l'articolo di cronaca locale a cui stiamo facendo riferimento, mi sono chiesto, forse un po' meschinamente, quanto sia costato alla comunità un intervento che ha impegnato per 48 ore filate un numero imprecisato di carabinieri, agenti di polizia e vigili urbani. Inoltre mi sono chiesto se, a parità di spesa, una tale esibizione di forza non avrebbe potuto essere meglio impiegata nel controllo delle strade, nella repressione dello spaccio e della cosiddetta microcriminalità, nel soccorso alle situazioni di disagio familiare pur silenziosamente presenti nel nostro paese. Invece leggiamo dalle pagine del giornale che al termine dell'operazione, su oltre ottanta persone a cui è stato chiesto di esibire i documenti (a che pro?), le forze dell'ordine (quale ordine?) hanno eseguito gli adempimenti prodromici all'espulsione o all'accompagnamento coatto nei confronti di due cittadini extracomunitari incensurati, mai coinvolti in episodi di delinquenza e assolutamente sconosciuti alle cronache fino a quel momento.
Gran bel risultato davvero!
Comunque concludo ringraziandola per l’attenzione che vorrà prestare a queste sparse osservazioni e, non essendo ancora a capace di abbaiare, rivolgendo un cordiale saluto a quanti avranno la pazienza di leggere fin qui questo commento.
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