domenica 23 ottobre 2016
Solo la lotta paga!
21 OTTOBRE 2016: UNA GIORNATA DI SCIOPERO E DI MOBILITAZIONE
GENERALE!
· CONTRO LE
POLITICHE DEL GOVERNO RENZI E LA MODERNA SCHIAVITÙ SALARIATA IMPOSTA DAL JOBS
ACT
· CONTRO OGNI
COINVOLGIMENTO DELL'ITALIA IN MISSIONI DI GUERRA CONTRO I POPOLI DEL
MEDIORIENTE E DEL MAGHREB
· PER IL NO AL
REFERENDUM COSTITUZIONALE IN NOME DEGLI INTERESSI MATERIALI DEI LAVORATORI
· PER
RILANCIARE CON LE LOTTE LA CONQUISTA DI NUOVI CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO,
DAL PUBBLICO IMPIEGO ALLA LOGISTICA
· PER LA
RIDUZIONE DELL'ORARIO DI LAVORO A PARITÀ DI SALARIO, LAVORO STABILE E SICURO E
SALARIO GARANTITO A TUTTI I DISOCCUPATI
· PER IL
DIRITTO ALL'ACCOGLIENZA E AL SOGGIORNO PER CHI SCAPPA DALLE GUERRE O DALLA
MISERIA: NO ALLA PROPAGANDA RAZZISTA CHE DIVIDE I LAVORATORI TRA PROFUGHI E
CLANDESTINI
· CONTRO LE
INUTILI “GRANDI OPERE” CHE DEVASTANO IL TERRITORIO
· PER IMPEDIRE
CHE SI RIPETANO ALL'INFINTO NUOVE STRAGI AD OGNI SCOSSA DI TERREMOTO
· PER IMPORRE
POLITICHE URBANISTICHE CHE METTANO AL PRIMO POSTO LA VITA DEI LAVORATORI E NON
IL PROFITTO
A partire dalle realtà che rappresentiamo nel mondo del
lavoro, con particolare riferimento alla logistica, ma anche a vari altri
spezzoni di lavoratori di settori dell'industria e del Pubblico Impiego, abbiamo
ritenuto necessario andare a costruire insieme questa giornata di sciopero,
mobilitazione e lotta a partire dalle contraddizioni materiali che
quotidianamente attraversiamo nei territori, nei quali è presente la nostra
azione di lotta.
Dall'emergenza-casa alla devastazione dei territori, alla
scuola, alla salute, vogliamo cogliere questo momento di lotta più generale per
riuscire a collegare le battaglie che conduciamo in special modo nella
logistica con tutte le altre realtà di lotta che esprimono una tensione sul
terreno della necessità di trasformare lo stato di cose presente. Abbiamo in
piedi una infinità di vertenze specifiche e generali che riguardano vari
comparti della grande distribuzione, della produzione, del commercio e dei
servizi.
La giornata del 21 ottobre ha voluto ricomporre tutte queste
vertenze all'interno dei vari territori, assumendo una visione più complessiva
della lotta politica e di classe per indicare che oggi è possibile vincere
battaglie, è possibile costruire nuove forme di autoorganizzazione in grado di
scompaginare le vecchie e corrotte organizzazioni sindacali ridotte ormai ad
una azione notarile rispetto alle scelte capitalistiche e governative.
Il 21 ottobre è servita anche a ribadire, rispetto al
cosiddetto “sindacalismo di base”, che non è più tempo di scadenze rituali o di
perseveranze con asfittiche quanto opportunistiche logiche concorrenziali. Urge
ed è necessario fare un salto di qualità e saper puntare a costruire una vera
unità di lotta su contenuti chiari e pratiche reali di lotta.
Per questo, il 21 è stata un’occasione per rafforzare ed
estendere le conquiste ottenute in molti magazzini della logistica a tutte
quelle altre realtà nelle quali esistono ancora forme di sfruttamento di tipo
schiavistico, per contrastare le nuove normative sul lavoro (jobs act, voucher,
ecc), con quelle pratiche di lotta che in molti luoghi hanno portato ad imporne
la disapplicazione. Perchè è quello che sta avvenendo nella realtà. Nella
logistica abbiamo raggiunto molti obiettivi che vanno ben oltre i CCNL,
arrivando a siglare per la prima volta in Italia, con i principali corrieri,
una clausola sociale in caso di cambio di appalto che garantisce la continuità
lavorativa. Alla faccia dei referendum della CGIL sui cambi di appalto! Ora si
tratta di estendere queste conquiste a tutti i magazzini d'Italia, e di
conquistare un vero tavolo di trattativa nazionale sul rinnovo del CCNL che è
scaduto il 31 dicembre 2015.
Ma lo sciopero del 21 ottobre ha avuto per noi anche una
valenza più generale: il governo Renzi e la maggioranza che lo guida, dopo anni
di attacchi al salario, taglia in modo indiscriminato la spesa sociale ed i
provvedimenti reazionari come la Buona Scuola e lo Sbloccaitalia muovono verso
un tentativo di rafforzare i propri poteri, cancellando ogni residuo spazio
democratico. L'obiettivo di Renzi è quello di rendere le Camere ancor più
simili a un Consiglio di Amministrazione aziendale, il cui unico scopo sia
quello di esaudire le volontà dei padroni e dei grandi capitalisti sotto la
cornice legislativa della democrazia borghese. È chiaro che ciò che attiene ai
mutamenti in senso limitativo della Costituzione formale ha a che vedere anche
con un processo di peggioramento delle condizioni di vita del proletariato e di
quei segmenti della borghesia in via di proletarizzazione; ed in questo senso
non possiamo che schierarci per il NO al referendum proposto da Renzi.
Ma ciò che ci ha spinto a organizzare questo sciopero
generale è la necessità di costruire percorsi di lotta in grado di incidere
sulla costituzione materiale, così come abbiamo fatto in tutti questi anni. Un
esempio di quanto andiamo dicendo è quanto è successo sul terreno della
rappresentatività sui posti di lavoro. Com’è risaputo, grazie agli accordi
siglati dalla triplice nel 2013 con Confindustria sono state poste ulteriori
limitazioni sul terreno della democrazia rappresentativa all'interno dei posti
di lavoro. Ebbene, laddove si sono costruiti percorsi di lotta radicali – vedi
la logistica – alla faccia della costituzione formale che esclude dalle
trattative tutti i sindacati non firmatari dei CCNL, il SI COBAS e l’ADL COBAS
sono riusciti a conquistare diritti inesigibili sul piano formale. Le lotte sul
terreno del salario innanzitutto, ma anche quelle dei bisogni e della qualità
della vita, si muovono su un terreno totalmente indipendente dal piano istituzionale
e formale.
Sono i rapporti di forza tra le classi a determinare
"le regole del gioco" e non il contrario: per questo riteniamo che,
per gli interessi di classe, se è fondamentale far cadere questo governo con
ogni mezzo utile, altrettanto centrale è la costruzione di una mobilitazione
nazionale capace di spostare l'asse dello scontro dalle urne ai cancelli delle
fabbriche e alle piazze, dal terreno parlamentare delle alleanze tra blocchi di
potere a quello degli interessi immediati di milioni di lavoratori, precari e
disoccupati.
Lo sciopero del 21 ottobre – partendo dai settori
organizzati per estendersi alle figure sociali e produttive che non hanno mai
scioperato, perché non possono o faticano a farlo, schiavi delle formule
tradizionali della non-lotta – mira a costruire ponti e relazioni tra il mondo
del lavoro che si organizza e si mobilita in maniera "classica",
seguendo la straordinaria tradizione della lotta operaia, e quel segmento della
classe che deve tornare a dotarsi di strumenti in grado di far male a chi
comanda e, per il proprio profitto, getta nella miseria i lavoratori.
Uno sciopero contro le politiche di precarizzazione del
lavoro, contro l’aumento dei ritmi produttivi e l’abbassamento dei livelli
salariali, dirette conseguenze della distruzione progressiva della
contrattazione nazionale in atto oramai da decenni tra il lavoro e il
padronato.
Uno sciopero per il rispetto delle conquiste salariali fin
qui ottenute con la lotta, e di tutte le forme di tutele e di diritti che,
attraverso le battaglie radicali intraprese in questi anni, alcuni settori del
mondo del lavoro sono riusciti a far rispettare. Uno sciopero per richiedere un
salario e un reddito garantito per sfuggire al ricatto della precarietà e alla
trappola della miseria.
Una giornata che ha insistito sul diritto di sciopero, per
chi può esercitarlo e per chi deve strapparlo quotidianamente: in Italia c'è
una parte gigantesca della forza lavoro che non può scioperare e una parte che,
pur potendo esercitare questa forma di lotta, viene attaccata violentemente,
fino ad estreme conseguenze. Il SI COBAS e l’ADL COBAS hanno sempre scioperato
laddove fosse necessario, ribadendo e rivendicando più che il “diritto” la
pratica plurisecolare dello sciopero come l’arma più potente in mano ai
lavoratori, per praticare tutte le forme di lotta atte a mettere in ginocchio i
padroni.
Uno sciopero, inoltre, contro i morti sul lavoro e nella
lotta, il quotidiano bollettino di guerra che gli ultimi drammi di Piacenza e
di Taranto riportano alla luce con forza. Non solo non si può e non si deve
morire di lavoro, ma non si può e non si deve morire nella lotta.
Uno sciopero contro il Jobs Act e l'attuale organizzazione
del lavoro, contro la Bossi-Fini che produce sfruttamento, per garantire la
mobilità di tutti, richiedenti asilo e non, per la creazione di reali canali
d'ingresso per la libertà di movimento in Italia e in Europa dei lavoratori
immigrati, contro l'articolo 5 del Piano Casa che produce marginalizzazione,
perché tutti devono avere accesso a una casa.
Uno sciopero contro le aggressioni di guerra che l’Italia,
insieme alle altri grandi potenze imperialistiche, continua a perpetrare in
tutto il mondo, accumulando ricchezze e profitti e portando distruzione e miseria.
Si moltiplicano sempre di più gli scenari di guerra, con l’immediato risvolto
di flussi migratori senza precedenti che amplificano nel mondo i disastri
prodotti dalla crisi.
Uno sciopero che guarda al di là dei confini nazionali, in
contemporanea con i meeting di costruzione di scioperi transnazionali europei,
che guarda all’esperienza francese di battaglia alla “Loi Travail” come modello
da seguire, se non nella sua conduzione, come movimento della massa
lavoratrice. Uno sciopero per affermare con forza il diritto all'asilo, al
soggiorno e al lavoro a salario pieno per tutti gli immigrati.
S. I. COBAS
ADL COBAS
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