domenica 30 aprile 2017

Avvelenati dal cromo

Brescia ancora ostaggio del cromo: in via Fura livelli 600 volte oltre i limiti
L’acqua inquinata dal cromo torna a preoccupare. Alla Baratti-Inselvini di via Padova procede la bonifica ma non sempre con risultati positivi. Boom dei valori in via Fura
(28 aprile 2017, Corriere della Sera – edizione di Brescia)

Il cancerogeno cromo esavalente tiene ancora in scacco la zona sud della città. Tra via Dalmazia e Chiesanuova la falda ed i terreni vicino a due ex galvaniche hanno livelli di inquinamento centinaia di volte superiori ai limiti di legge. Colpa degli sversamenti illeciti degli anni passati. Di cui gli stessi responsabili ora stanno cercando di porre rimedio. Con risultati però «alterni» e non lineari, come conferma l’Arpa illustrando la situazione della galvanica Baratti Inselvini di via Padova.

La corsa verso sud degli inquinanti
Dopo 5 anni di bonifiche con reagenti naturali e chimici (siero di latte e solfato ferroso), il piezometro a sud dell’azienda, in via Fura, mostra ancora valori «di 3 mila microgrammi per litro» spiega la direttrice dell’Arpa Brescia, Maria Luisa Pastore. Certo, l’inquinamento è un quinto rispetto a due anni fa. Ma va ricordato che il limite di legge per il cromo è di 5 microgrammi. Le cose vanno un pò meglio all’ex Forzanini di via Ancona (a Chiesanuova), dove gli eredi del titolare, nel novembre 2016 hanno iniziato una efficace azione di bonifica di concerto con il commissario Caffaro Roberto Moreni ed la Loggia (la falda infatti è di competenza del sin Caffaro, il terreno del Comune). Resta il fatto che l’onda di inquinanti prosegue inesorabile la sua corsa verso sud. Verso il Villaggio Sereno, Folzano e quindi Flero. Lo dimostra l’intervento di Ats e Comune che nel marzo 2015 chiusero quattro pozzi privati tra la Noce e Folzano, perché il cromo arrivava a 300 microgrammi/litro.

Controlli su altre possibili fonti di inquinamento
Va chiarito che l’inquinamento non rappresenta un pericolo sanitario. Dal settembre 2014, per volontà della Loggia, A2A ha deciso di eliminare il cromo VI dall’acquedotto cittadino, grazie ad un trattamento chimico (in tutti i rubinetti di città le concentrazioni sono inferiori ai 2 microgrammi/litro). Ma visto che in città prima e seconda falda comunicano in più punti - come dimostrato da studi geologici di Arpa - l’inquinamento non si fermerà. Ed A2A anche nei prossimi anni sarà costretta a replicare il trattamento milionario, i cui costi ricadono logicamente in bolletta. Se i veleni per anni sono scesi in città dalla Valtrompia attraverso il fiume Mella, e sono stati trovati anche alla Caffaro e nella zona nord, in passato ricca di concerie ed armerie, oggi in nessuna zona della città (e d’Italia) il cromo arriva ai livelli riscontrati alla Baratti. Quando la procura con il Nita mise sotto sequestro l’azienda nel 2008, trovarono concentrazioni di cromo oltre 200mila microgrammi al litro. Ci fu il processo, la condanna dei titolari, che decisero di spendere 1,5 milioni per rimediare al danno fatto. Iniziando appunto la bonifica. Purtroppo, dopo 5 anni i risultati non sono del tutto entusiasmanti. Nella stessa conferenza dei servizi del giugno 2016 il ministero dell’Ambiente ha chiesto all’azienda «di verificare la tenuta della vasca di cromatura attualmente in uso nel sito in quanto potenziale sorgente di contaminazione del piezometro 7», il quale «mostra un trend di concentrazione di cromo esavalente in crescita». Arpa conferma che «gli attuali controlli sono finalizzati ad escludere altre sorgenti d’inquinamento all’interno dell’azienda». La direttrice Pastore ricorda che la Baratti «deve tenere in funzione anche la barriera idraulica per impedire che la falda salga». Ma gli esiti dei piezometri a valle dell’impianto «sono stati quantomeno alterni. In alcuni punti si è dimostrato il miglioramento. In altri no. Va valutato se questo intervento è efficace rispetto alle prescrizioni date». Per questo si stanno rifacendo i monitoraggi delle acque di falda e dobbiamo rivedere anche il modello idrogeologico». Le cose vanno invece meglio alla Forzanini, dove si partiva da un livello di inquinamento minore (1500 microgrammi/litro). Una cosa pare certa: serviranno anni prima di raggiungere valori accettabili. 

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