domenica 11 maggio 2014

La terribile situazione dell'ambiente in cui viviamo

Salute e ambiente: parla il dottor Ricci, coautore del nuovo rapporto "Sentieri"
A Brescia record di tumori «Colpa anche della Caffaro»

Lo certificano l’Istituto superiore di Sanità e l’Airtum. Confermati i dati illustrati nel marzo 2013 a "Presa Diretta": diverse neoplasie sono «impronte digitali» dell’inquinamento

7 maggio 2014 - A Brescia la piaga del cancro colpisce molto più che nel resto d’Italia. E questo è in parte dovuto a decenni di esposizione della popolazione agli inquinanti usciti dalla Caffaro, ovvero i policlorobifenili e le diossine. Lo conferma il nuovo Rapporto "Sentieri" dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e dell’Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum) che ha indagato il rapporto tra malattie e inquinamento in 44 siti di interesse nazionale. Il rapporto è stato pubblicato ieri sulla rivista Epidemiologia&Prevenzione (www.epiprev.it). Il dottor Paolo Ricci coautore del gruppo di lavoro Iss-Airtum, nel marzo 2013 anticipò i risultati del Sin Brescia-Caffaro al convegno nazionale Airtum di Bolzano e successivamente li commentò alla trasmissione televisiva Presa Diretta, provocando molto scalpore.

Dottor Ricci, sul sito Caffaro ci sono novità rispetto alle sue anticipazioni di un anno fa?
«I risultati rimangono sostanzialmente quelli già presentati. Oggi sono ufficiali».

Quali gli aspetti più preoccupanti?
«Il caso Caffaro è da considerarsi un vero e proprio esempio da manuale, con un impatto ben maggiore di quello di Seveso. E pare sia accaduto all’insaputa di tutti, compresa Asl e Università. Gli effetti biologici più evidenti consistono nella capacità di aumentare la frequenza del totale di tutti i tumori maligni ma in particolare i melanomi, i linfomi non-Hodgkin e i tumori della mammella. E a Brescia si riscontra un aumento di incidenza nei tumori maligni del 10% negli uomini e del 14% nelle donne; per i melanomi della cute un + 27 % negli uomini e +19% nelle donne, per i linfomi non-Hodgkin + 14% negli uomini e +25% nelle donne, per i tumori della mammella + 25% nelle donne. Queste sedi tumorali costituiscono una sorta di “impronta digitale” del grave inquinamento che si è verificato. Senza considerare che sono aumentati anche altri tumori maligni, le cui cause biologiche possono essere diverse. Penso al fegato (+70% negli uomini e 41% nelle donne) e alla tiroide (70% negli uomini e 56% nelle donne). Sono aumentati anche altri tumori maligni di organi bersaglio delle sostanze diossino-simili».

Eppure i dati sulla mortalità sono in linea con la media italiana e non superiori alle attese...
«Perché i bresciani sono curati bene e la sopravvivenza va di conseguenza. Andrebbe migliorata la prevenzione».

Tornando alle cause di tutti questi tumori, quella dell’esposizione ai Pcb è un’ipotesi o una certezza?
«Il tipo di studio condotto, cosiddetto ecologico, non dispone di dati individuali di esposizione agli inquinanti per l’intera popolazione indagata, non consente di parlare espressamente di certezza, ma di alta probabilità. Una cosa è certa: i Pcb e le diossine provocano cancro. Lo dice l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro».
Voi avete paragonato l’incidenza dei tumori a Brescia non con quella della provincia (come fatto dall’Asl) ma con quella del nord Italia in generale. È qui che emergono differenze eclatanti.
«Certo. Abbiamo bisogno di un termine di paragone in “bianco”. Sentieri utilizza sempre popolazioni di riferimento più ampie e non coinvolte da analoghi inquinamenti di quelle in studio. È questione di metodo scientifico. La provincia di Brescia può essere definita un “grigio”: i Pcb e le diossine si sono distribuiti su buona parte del territorio con la dispersione della terra di scavo delle grandi opere di viabilità, con i Pcb utilizzati nelle centrali idroelettriche o le scorie della Caffaro smaltite in discariche abusive. Ci sono stati poi i fenomeni migratori dalla città e la diffusione degli alimenti prodotti nell’area inquinata ma venduti sul mercato locale».
Allora lei pensa che tutti i tumori dei bresciani dipendano dalla Caffaro?
«No. Pensare questo sarebbe una risibile ingenuità. Ragionevolmente molti tumori dipendono da altro ma non si può continuare a negare l’evidenza, perché non aiuta a risolvere il problema, anzi lo aggrava».

Un recente studio Asl dimostra come gli anziani che hanno mangiato cibi contaminati siano più «contaminati» mentre i giovani non sono a rischio, non essendoci in commercio cibi inquinati.
«L’entità dell’inquinamento è talmente elevata e diffusa sul territorio che pensare di aver bloccato totalmente la contaminazione per via alimentare e cutanea è poco credibile. Non bisogna generare falsi allarmi, ma neppure false rassicurazioni, perché si scoraggiano comportamenti individuali difensivi da parte dei cittadini legati ad esempio al rispetto del divieto di accesso a terreni inquinati. E si inducono le amministrazioni locali ad abbassare ingiustificatamente tramite ordinanze i limiti di sicurezza scientificamente raccomandati».
Lei che farebbe?
«La mia opinione è che coloro che hanno gestito per decenni la situazione sanitaria ora dovrebbero fare un passo indietro. Dovrebbero lasciare ad altri, sotto l’egida dell’Istituto Superiore di Sanità, i necessari monitoraggi ed approfondimenti del caso».


L’Asl incontra i comitati e ammette: «I tumori legati alla presenza di Pcb»
Valutata la creazione di un osservatorio ad hoc sul caso Caffaro. I comitati chiedono il ricambio dei vertici dell’Azienda sanitaria

10 maggio 2014 | Corriere della Sera, ed. Brescia Prove di apertura il 9 maggio durante l’incontro tra i vertici dell’Asl di Brescia e una delegazione di comitati ambientalisti. Per la prima volta le posizioni dei due attori in campo sono sembrate, almeno in parte, coincidere. O meglio si potrebbe parlare di un’inedita apertura dell’Asl nei confronti di alcune istanze proposte dal comitato «Stopbiocidio» (sigla che raggruppa una quarantina di realtà ambientaliste del territorio).
La novità più rilevante è senza dubbio stata l’ammissione da parte dell’azienda sanitaria che vi sia una correlazione tra l’insorgere di tumori a Brescia e la presenza di pcb. «Questa - ha commentato Marino Ruzzenenti, storico dell’ambiente - è stata un’affermazione totalmente nuova da parte dell’Asl dopo anni di negazionismo. Ora non si può più dire che i pcb non abbiano provocato tumori anche nella nostra città». Il caso Caffaro ha tenuto banco quasi per l’intera durata del confronto. E proprio su quest’argomento è l’altra new entry: la nascita di un osservatorio ad hoc.
«Vorrei valutare la creazione di un osservatorio sul caso Caffaro sul modello di altri già avviati su temi ambientali - ha annunciato il direttore generale dell’Asl, Carmelo Scarcella - Ne parlerò sia con il sindaco che con l’Arpa». Ma non è stato tutto rosa e fiori nel piccolo ufficio al primo piano del palazzo della Sanità di via Cantore. Anzi. Accuse e critiche sono volate da una parte come dall’altra. Per esempio quando i delegati del comitato hanno chiesto il motivo dell’assenza dei dati sulle diossine nella guida al cittadino sul caso Caffaro distribuito alla popolazione. «Si leggono solo i dati sui pcb mentre vengono taciuti quelli sulle diossine. Nominare le diossine - ha continuato Ruzzenenti - fa troppa paura perché evoca Seveso, ma i cittadini devono essere informati». Un’altra critica che l’Asl non ha potuto ignorare.
I comitati inoltre sono tornati a chiedere la sostituzione dei vertici dell’azienda sanitaria, in primis di Scarcella, «in quanto riteniamo l’attuale direttore generale - ha sottolineato Roberto Saleri, del comitato - responsabile del perdurare di questa situazione dove l’Asl non fa altro che minimizzare il problema ambientale presente a Brescia». Tensione anche sulla questione delle aree verdi che insistono sul sito Caffaro: «Non ci sono state analisi di rischio sui parchi pubblici». Ma ancora una volta dopo le scintille l’apertura è arrivata. «Valuteremo se proporre all’Arpa di fare un’escavazione del primo centimetro di terreno per misurare pcb e diossine» ha replicato il direttore sanitario Francesco Vassallo. Toccati poi anche i temi del cromo nell’acqua, delle polveri sottili e delle discariche.

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