lunedì 8 giugno 2015

La crisi del commercio colpisce anche i colossi multinazionali

mentre giunge qualche notizia confortante per le lavoratrici ed i lavoratori del "Mercatone Uno" di Castegnato, nubi scurissime si addensano su nuovi fronti del settore del commercio organizzato:
 
«I diritti non si smontano», sabato ondata di scioperi all’Ikea
L’astensione riguarderà 11 dei 21 punti vendita italiani del colosso svedese, in Lombardia scioperi a Brescia, Carugate, Corsico e San Giuliano

Sarà un sabato contraddistinto da un’ondata di scioperi per il colosso svedese Ikea. Incroceranno le braccia i punti vendita della Lombardia e di 11 negozi sui 21 complessivi del gruppo in Italia. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno deciso l’iniziativa - al motto «i diritti non si smontano» -, dopo che Ikea ha comunicato l’intenzione di revocare unilateralmente il contratto integrativo aziendale a partire dal primo settembre 2015. I rappresentanti dei dipendenti Ikea lamentano che «abbassare le condizioni di vita e di lavoro di migliaia di persone e delle loro famiglie è la ricetta Ikea per mantenere guadagni e profitti, chiedere sempre di più per dare sempre di meno».
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Il sindacato parla di «alta l’adesione» in molte città: più del 95% a Firenze, 90% a Napoli, così come a Carugate, più dell’80% a Corsico e oltre il 60% a San Giuliano. Sempre secondo le organizzazioni sindacali, l’adesione è di oltre il 70% a Brescia e Roma, a Bologna più del 95% - solo i manager all’interno del negozio - mentre a Genova l’azienda è stata costretta alla chiusura il punto vendita. I lavoratori hanno incrociato le braccia e hanno distribuito volantini alla clientela, spiegando le loro motivazioni. «Il taglio delle maggiorazioni per il lavoro domenicale è uno dei temi più sentiti dai lavoratori: un part time, e in questa azienda sono il 70% dell’intero organico, rischia di perdere fino a 1500 euro all’anno. Non è giusto che un’azienda che domina incontrastata il mercato come Ikea faccia pagare a noi la crisi, più di quanto non si sia già pagato», dice una lavoratrice part time. «Abbiamo contribuito con il nostro lavoro al grande successo di questa multinazionale in Italia, e non vogliamo veder crollare 25 anni di contrattazione in un attimo», conclue la lavoratrice.
«Per Ikea i propri collaboratori sono la risorsa più importante», fa sapere l’azienda, «ne rispetta i diritti e vuole continuare ad offrire loro condizioni di lavoro ed economiche migliori rispetto al mercato esterno». Alla luce della crisi economica l’azienda spiega di aver deciso di non rinnovare autonomamente l’integrativo per «ridiscuterne i contenuti». «Ikea - afferma quindi la società - vuole arrivare a firmare un nuovo contratto integrativo aziendale, che sia in linea con il nuovo contesto economico e sociale e assicuri basi solide allo sviluppo futuro della presenza di Ikea in Italia». Ikea nega ad esempio di voler cancellare le maggiorazioni festive e domenicali, ma solo discutere su come renderle più eque per tutti (oggi alcune sono al 130% mentre altre al 30%), e su come ripartire meglio le presenze.

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