lunedì 16 novembre 2015

La guerra nel cuore dell'Europa





Non cederemo i popoli ai mercanti di armi e a chi li costringe a usarle in cambio di un falso sviluppo per una nuova colonizzazione che li rende profughi ed esiliati.

In queste ore di lutto per l'ennesima strage anziché altre  parole di odio insensato dovrebbe essere il movimento per la pace in tutte le sue forme ed espressioni a prendere la parola.


Non possiamo pensare di poter continuare ad esportare armi e guerre impunemente. A seminare disperazione e orrore. A sostenere, per interposto stato,  forme di terrorismo pseudo religioso al soldo dei potenti di turno per accaparrarsi ricchezze che sempre più grondano sangue.



Restiamo umani e proviamo insieme, tutt*, a ritrovare le parole e le pratiche di un'altra narrazione.


Parigi e le altre stragi: contro la guerra e l’orrore, un No all’Unione Europea e alla NATO.

Questa volta è a Parigi ma la guerra è in corso da tempo ai confini di questa Unione Europea: questo attacco segue di pochi giorni e ore all’abbattimento dell’aereo civile russo in Sinai e alla strage a Beirut.



L’attacco di Parigi ci chiama a rompere quel velo di ipocrisia calato sulle coscienze di tutti, che considera le stragi degli altri come fatti di cronaca minore, che considera l’ondata di profughi come un problema di ordine pubblico e di risorse economiche mentre era sempre della stessa guerra che si trattava.



Questa Unione Europea, con o senza la NATO e gli USA, ha esportato miseria e conflitti, direttamente e indirettamente, ora ancora una volta e ancora con più forza, quello che si è seminato per il mondo è cresciuto e torna a casa. Una reazione uguale e contraria di barbarie.



Sono anni che si sono scatenati e foraggiati conflitti e destabilizzazione dall’Afghanistan alla Iraq, dalla Siria alla Libia, dall’Ucraina alla Serbia, dalla Palestina fino in africa centrale. Ora la guerra, come tutti potevano prevedere e senza poterlo veramente evitare, torna nelle metropoli prendendo di mira la popolazione civile.



Siamo chiamati ad una scelta di campo, si tratta di scegliere se accettare la chiamata alle armi contro l’orrore jihadista che la stessa UE con e senza gli USA hanno coltivato, oppure comprendere che il nemico è alla nostra testa: una classe dirigente che ha creato la situazione in cui ci troviamo, per scelte che avevano a che fare con gli interessi di multinazionali e di profittatori di ogni risma.



Così come stanno distruggendo ogni residuo di diritti democratici e sociali, hanno scommesso sulla destabilizzazione di intere aree del pianeta, alla ricerca di risorse e di mercati, alla ricerca di nemici da trovare o creare. Ora il conto è tornato ma devono pagarlo loro e non noi.



Rompere con l’attuale sistema che si incarna nella stessa costruzione dell’Unione Europea deve essere il nostro obiettivo per contrastare la guerra in casa e fuori casa, per riconquistare il diritto a vivere in pace in una società giusta e libera dagli appetiti insaziabili delle élite europee.



L’alternativa è quella di subire una società sempre più autoritaria e sottoposta ad un regime di guerra permanente, dove ogni opposizione sociale è criminalizzata, dove ogni futuro di progresso è negato dalla loro crisi e dalle loro guerre.



Questa deve essere la nostra reazione all’orrore: si rafforzi la lotta contro queste élite e le loro politiche di sangue e miseria.



Piangiamo per il terrore che abbiamo creato, per la stretta autoritaria e la guerra di religione che già si sta organizzando e che viene invocata quasi in ogni commento.

Non lasciamoci fagocitare dalle risposte guerrafondaie e vendicative che salgono da ogni dove.

Condannare questo feroce attentato che ha colpito Parigi significa condannare anche le politica di rapina delle risorse e di guerra che l'occidente ha creato.

Tutti sappiamo che dietro la nascita e la proliferazione dell'ISIS vi sono i governi della Turchia e dell'Arabia Saudita e la strategia Usa loro alleata e al seguito  tutte le guerre in Siria Iraq e Libia che vedono protagonisti i paesi della Nato e la Francia in primis.

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