martedì 28 giugno 2016
Mattanza messicana
Domenica 19 maggio nello Stato di Oaxaca è stato compiuto il massacro di dieci cittadini. La Polizia Federale è tornata a reprimere la lotta dei maestri e delle maestre del sindacato CNTE che lottano contro la riforma educativa. Pistole, fucili di precisione e cecchini hanno operato assieme alla polizia in assetto anti-sommossa, per sgomberare uno dei tanti blocchi stradali che dal 15 maggio batte il tempo della resistenza contro la svendita e la distruzione della scuola pubblica messicana.
Appena un mese fa, a maggio, era stato celebrato il decimo anniversario dalla nascita dell'Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca, figlia dello sgombero violento di un presidio di maestre e maestri della CNTE nella capitale dello stato di Oaxaca. Negli ultimi mesi sono a decine gli arresti “politici” che colpiscono aderenti della CNTE e simpatizzanti. Già a dicembre 2015, in Chiapas, due maestri sono stati uccisi dalla polizia durante gli scontri.
Nel maggio del 2016 sono stati ricordati, anche, i dieci anni dal massacro di San Salvador Atenco. Una Commissione Civile di Osservazione dei Diritti Umani - i cui componenti erano cittadini europei - nel giugno del 2006 ha presentato al Parlamento Europeo un rapporto sui fatti e sulle gravi violazioni dei diritti umani in relazione allo sgombero forzato di una comunità per costruire il nuovo aeroporto di Città del Messico in una zona ejidal (cioè di proprietà collettiva) dello Stato del Messico.
La mattanza di Nochixtlan inaugura una nuova fase nello schema repressivo messicano: la polizia spara sulla folla uccidendo e la stessa polizia si rivendica di aver usato armi da fuoco. Non era mai successo prima.
Negli ultimi dieci anni la situazione si è fatta se possibile ancora più grave, con decine di migliaia di sparizioni forzate, violenza sistematica contro chi vuole difendere e promuovere i diritti umani, contro attivisti dei movimenti sociali e contro i giornalisti e fotografi che documentano la condizione di violenza strutturale scelta come forma di “politica attiva” dai governi di Felipe Calderón, prima, e di Enrique Peña Nieto (che nel 2006 era governatore dello Stato del Messico durante i fatti di Atenco), ora.
Tra le vittime e tra gli attivisti e giornalisti minacciati e perseguitati ci sono anche cittadini italiani ed europei, come il finlandese Jyri Antero Jaakkola, assassinato dai paramilitari nello stato del Oaxaca nel 2010.
In questo panorama di violenza diffusa e repressione contro i civili ricordiamo la sparizione forzata dei 43 studenti della Escuela Normal Rural di Ayotzinapa, avvenuta la notte del 26 settembre del 2014 nella città di Iguala, stato del Guerrero, in cui sono coinvolti la polizia municipale di Iguala ed elementi dell’esercito messicano. Il 30 giugno 2014 l’esercito messicano, con un ordine scritto dall’Alto Comando Militare, fucilava 22 ragazzi in un’esecuzione extragiudiziale, una delle tante esecuzioni extragiudiziali portate a termine dall’esercito che ha l’ordine di “abbattere” civili considerati delinquenti senza alcun diritto ad avere un processo.
L’ONU ha recentemente spiegato come in Messico la tortura sia un metodo utilizzato in maniera sistematica negli interrogatori da tutte le forze di sicurezza.
Tutto questo accade nel silenzio della cosiddetta “comunità internazionale” e l’Unione Europea di fatto si disinteressa dei crimini dello stato messicano, continuando a mantenere relazioni commerciali con uno Stato che viola costantemente i diritti umani.
Tra il 2007 e il 2016 in Messico ci sono stati più di 164mila omicidi di civili. Negli stessi anni in Afghanistan e in Iraq si sono contate circa 104mila vittime. Il numero di persone sparite dal 2006 ad oggi, basandosi su dati conservativi del governo messicano, supera le 30mila persone. Organizzazioni dei diritti umani dicono che se oggi venisse fatto un conto di morti e desaparecidos i numeri andrebbero verso il raddoppio. A fronte di tutto questo l’indifferenza dei grandi mezzi di comunicazione internazionali è impressionante e complice.
Lo stato messicano, corrotto in tutti i suoi livelli, colluso con la malavita al punto da essere tutt'uno con essa, continua a uccidere i suoi abitanti. In queste settimane una sanguinosa repressione si è abbattuta contro gli educatori, gli studenti e la società civile in lotta contro il progetto di privatizzazione dell'istruzione e di sottrazione dei diritti dei lavoratori: i morti sono già più di dieci, numerosi i desaparecidos, gli arrestati e i feriti gravi, e il bilancio non si può mai considerare definitivo. Migliaia di poliziotti sono stati sguinzagliati a Oaxaca, ripetendo i massacri di dieci anni fa, ripetendo gli altri orrori per cui continua a non esserci giustizia, come nel caso più noto degli studenti di Ayotzinapa. Il sindacato di lotta CNTE, e gli altri gruppi e singoli presenti nelle piazze e nelle strade e aggregati sotto il coordinamento dell'Espacio Civil di Oaxaca, stanno subendo la sanguinaria ritorsione che lo stato riserva a chi non si arrende.
La privatizzazione di un settore chiave per la costruzione di una società futura, il piegare l'istruzione pubblica agli interessi del capitale, l'arroganza governativa sono tratti distintivi sia della riforma della cosiddetta Buona Scuola che delle precedenti. Anche in Messico l'attacco al settore pubblico e a chi ci lavora si maschera di meritocrazia, valutazione degli insegnanti, modernizzazione: anche in Messico, come in Italia, il governo non può vincere la battaglia mediatica per convincere la popolazione che la scuola stia migliorando, che il paese stia progredendo. Come hanno giustamente dichiarato gli zapatisti dell'EZLN, se realmente la riforma fosse stata a beneficio di chi la scuola la vive, i lavoratori della scuola sarebbero stati i primi a dover essere ascoltati: invece, come gli studenti, vengono aggrediti, uccisi e fatti sparire.
In Messico lo Stato uccide senza alcuna remora: ciò si deve anzitutto al fatto che grossi settori della società non hanno mai smesso di lottare per le strade, nonostante l'enorme rischio di combattere per i diritti collettivi in un paese dove la morte violenta, specie per mano statale e parastatale, raggiunge e supera gli standard mediorientali. Ma la sproporzione repressiva non ci deve far pensare che in Messico si stia combattendo una battaglia pittoresca, lontana e valida soltanto a livello locale: si tratta di riforme neoliberiste che vanno nella stessa identica direzione di quelle già sperimentate in Europa sul tema del lavoro e dell'educazione, e che non a caso vedono oggi un'enorme reazione popolare in Francia e in Belgio.
In considerazione della gravità dei fatti in corso e delle analogie con le vertenze europee, bisogna mantenere alta l'attenzione sulla lotta delle maestre e maestri, sulla lotta della popolazione non dimentica della lezione di Zapata, e occorre fare pressioni, anche dal nostro angolo di mondo, contro i rappresentanti delle corrotte istituzioni messicane. In particolare vanno esortati gli studenti, gli insegnanti impegnati nelle lotte contro la Buona Scuola, così come tutte le compagne e tutti i compagni, nonché l’intero mondo della scuola e dell'educazione, impegnati nella campagna referendaria. Come campeggia su molti striscioni latinoamericani, dall'Argentina su fino al Messico, "essere insegnanti e non lottare è una contraddizione pedagogica"... e difatti a Oaxaca, in Chiapas e in tutto il Messico la lotta continua.
Martedì 28 giugno 2016, h 17
PRESIDIO AL CONSOLATO MESSICANO di MILANO
(via Giacomo Matteotti 1)
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