sabato 6 agosto 2016
I colonialisti marciano nuovamente sulla "quarta sponda"
Bombe in Libia
Con i raid aerei Usa, si apre un nuovo pericoloso fronte di
conflitto, con milizie e popolazione contrari a ingerenze esterne. Quale sarà
il ruolo dell'Italia?
(Chiara Cruciati - il Manifesto)
E bombe siano. Con una mossa a sorpresa ieri il presidente
Obama ha autorizzato i primi raid aerei sul territorio libico dopo mesi di
tensione bellica. Se pochi mesi fa l’intervento occidentale pareva questione di
settimane, con Roma, Parigi e Londra sul piede di guerra, l’insediamento del
tanto atteso governo di unità nazionale aveva smorzato gli animi: il premier
al-Sarraj, entrato con non poche difficoltà a Tripoli a maggio, aveva escluso
un’operazione occidentale.
Ieri la svolta: è stato proprio al-Sarraj ad aver richiesto
agli Stati Uniti di bombardare le postazioni dello Stato Islamico a Sirte,
roccaforte jihadista da giugno 2015 su cui il governo di unità ha lanciato a
fine maggio un’ampia controffensiva. «Sono stati effettuati i primi raid aerei
Usa su richiesta del Consiglio presidenziale del governo di concordia nazionale
libico», ha detto in tv il premier che ha aggiunto che nessun marine sarà
dispiegato sul terreno e che si tratterà di un’operazione limitata ma già
efficace, viste le «pesanti perdite» inflitte al “califfato”.
Al-Sarraj si protegge dietro un volatile paravento: il governo
– dice – resta contrario a interventi in autonomia di attori stranieri. Ma in
questo caso è proprio lui ad averli chiesti. Gli fa eco il generale al-Ghasri,
portavoce del comando militare dell’operazione “Struttura solida” per la
ripresa di Sirte, a cui prendono parte le milizie di Misurata: «Chi è contrario
all’intervento Usa sostiene in un modo o nell’altro l’Isis. Daesh ha armi
sofisticate, per questo dobbiamo chiedere aiuto a chi ha una tecnologia
militare in grado di colpire determinati obiettivi».
Insomma tutto bene. Non proprio: l’autorizzazione a
Washington ad intervenire in modo così plateale potrebbe avere effetti
dirompenti. Se i raid, riportano i giornalisti sul posto, hanno colpito anche
il centro della città strapieno di civili, solo pochi giorni fa migliaia di
libici scendevano in piazza a Tripoli e nella zona ovest del paese per
protestare contro qualsiasi ingerenza esterna, dopo l’abbattimento di un jet di
Parigi e la morte di tre soldati francesi a Bengasi.
Alla rabbia popolare – che ha come target proprio il governo
di unità – si aggiungono le minacce delle miriadi di milizie attive nel paese:
la scorsa settimana il Consiglio della Shura dei Rivoluzionari di Bengasi,
federazione islamista avversaria dell’esercito del generale al-Haftar (oggi al
fianco di al-Sarraj), ha fatto appello alla mobilitazione contro le truppe
straniere attive in Libia. Che non sono poche: statunitensi, britannici e
francesi da mesi compiono azioni occulte accanto alle truppe del governo di
unità.
È ovvio immaginare che le bombe riaprano il capitolo della
più vasta operazione occidentale in Libia. Nei mesi scorsi piani erano già
stati preparati, tanto minuziosamente da prevedere la futura divisione
(neocoloniale) del paese in regioni da affidare ai governi europei: all’Italia
la Tripolitania, alla Gran Bretagna la “ribelle” Cirenaica, alla Francia il
Fezzan.
L’Italia si aspetta un ruolo di prim’ordine: Washington ha
chiesto a Roma di assumere la leadership di eventuali operazioni congiunte,
richiesta a cui il governo italiano ha risposto sull’attenti pur mantenendo la
prudenza diplomatica del caso. Dieci giorni fa il ministro degli Esteri
Gentiloni ribadiva quanto ripetuto più volte nel recente passato: «L’Italia è
disposta a offrire tutto il sostegno necessario nel caso questo venisse
richiesto dal governo locale», aveva detto dagli Usa dove aveva incontrato il
ministro libico Mohamed Taher Siala.
Quel governo, con cui Roma ha intessuto da subito ottimi
rapporti, fin da quando a dicembre venne teoricamente formato incontrando le
resistenze dei parlamenti rivali di Tripoli e Tobruk, pare però aver bypassato
l’Italia per rivolgersi alla super potenza statunitense. Resta da capire se ai
raid lanciati ieri seguiranno operazioni con i paesi europei.
La nota della Farnesina di ieri è asettica, quasi di
sorpresa: «L’Italia sostiene il governo di unità nazionale e lo incoraggia a
realizzare le iniziative necessarie per ridare stabilità e pace al popolo
libico. L’Italia valuta positivamente le operazione aeree avviate oggi dagli
Stati Uniti».
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