sabato 26 novembre 2016

#Non Una di Meno!

La manifestazione è aperta dalle donne e dal desiderio di riconoscersi ed autodeterminarsi. Una grande apertura di donne che esprime tutta la potenza accumulatasi intorno a questa data.

A seguire, un grande presidio mobile, aperto a tutt* coloro che vogliono condividere pensieri, riflessioni, interventi. Un camion per ospitare performance artistiche e per far parlare le tanti voci che animano la piazza.

Siamo ispirate dalle pratiche che abbiamo visto utilizzare nelle immagini delle manifestazioni delle donne in Argentina e Polonia, e con cui vorremmo creare una connessione in questo giorno di lotta, che vede milioni di donne di tutto il mondo a riversarsi nelle strade delle proprie città. Contaminiamoci nelle differenze!

Insomma ... sprigioniamo energia e creatività!!!!


I centri antiviolenza in Italia sono continuamente a rischio chiusura
Di Cristiana Bedei

Il 25 novembre è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, e quest'anno sembrano essersi mossi davvero tutti: le istituzioni, le scuole, le università, gli ospedali.  Tutti in prima linea, con iniziative diverse. Tutti a parlarne, come si fa ogni volta dopo l'ennesimo, scioccante femminicidio: come quello di Sara Di Pierantonio, la ventiduenne romana bruciata viva dal fidanzato lo scorso maggio, o l'ultimo, quello di Anna Manuguerra, assassinata dal marito con 23 coltellate pochi giorni fa, in Sicilia.

Tutti indignati, giustamente. Tuttavia i centri antiviolenza, gli sportelli di ascolto e le case rifugio di tutta Italia - ossia gli snodi fondamentali della lotta sul campo alla violenza maschile sulle donne - continuano a chiudere per mancanza di fondi e risorse.

Il sistema pubblico di bandi e convenzioni non riesce a garantire stabilità, ed è difficile tracciarne una mappa chiara, come documentato già lo scorso anno dal progetto DonneCheContano.
La mancanza di fondi non minaccia soltanto realtà autogestite e fondate sul lavoro di volontarie. Negli ultimi giorni, in Sardegna, si attende l'erogazione di alcuni contributi regionali relativi al 2014 a diversi centri antiviolenza.

"Senza finanziamenti certi e continui non c'è la possibilità di una reale programmazione a sostegno delle donne" denuncia Luisanna Porcu, responsabile dell'associazione Onda Rosa di Nuoro, attiva dal 1998 … "I finanziamenti vengono dati a singhiozzo e sono certamente insufficienti," aggiunge. Inoltre, sorgono spesso problemi burocratici che impediscono di sfruttare le eventuali risorse disponibili in modo adeguato. Al momento, ad esempio, non è ancora arrivata la delibera regionale per stabilire le somme per il 2016.

Per rispondere a questi gravi problemi di continuità, centri antiviolenza in tutto il paese chiedono di rivedere l'approccio istituzionale alla violenza sulle donne, che si rispecchia nel piano straordinario d'azione ora in vigore.

"Bisogna considerare la violenza sulle donne come un problema strutturale della società e non come un'emergenza. L'emergenza ha un inizio e una fine. Se noi la consideriamo come un problema strutturale, invece, tutte le politiche devono essere indirizzate in questo senso" sottolinea Porcu.

E cambierebbe anche la politica dei finanziamenti. Partendo da una reale mappatura dei centri antiviolenza che ne riconosca la natura, gli obiettivi e la pratica politica – un tentativo è stato avviato per la prima volta lo scorso giugno – sarebbe possibile smantellare un sistema che procede principalmente per progetti a discrezione delle regioni, e riconoscere invece contributi regolari e continui a modelli di accoglienza efficaci.

… Onda Rosa fa parte dell'associazione D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza), che dal 2008 raccoglie 77 centri su tutto il territorio nazionale con almeno cinque anni di esperienza, che adottano la metodologia riconosciuta anche dalla rete europea contro la violenza sulle donne (WAVE). "Si tratta di una metodologia che proviene dal movimento politico delle donne, è un approccio di genere in cui ci sono donne che lavorano con altre donne per la libertà femminile" spiega Ersilia Raffaelli, consigliera D.i.Re per la Toscana e presidente della Casa delle donne di Viareggio. "Noi consideriamo il nostro come un lavoro politico per il cambiamento culturale della società. La violenza” ribadisce “è un fenomeno strutturale e trasversale che necessita di politiche istituzionali legate al sociale, all'educazione e all'economia. Nonostante sia ancora nascosta per il 90-93 per cento, sta emergendo e le donne arrivano sempre di più a chiedere aiuto" continua Raffaelli. "Ma bisogna che ci sia un'attrezzatura valida, riconosciuta e qualificata. E la nostra qualificazione è la metodologia che prevede che ci siano donne formate che accolgano altre donne"

… la mancanza di risorse lascia tante donne a rischio. Secondo le raccomandazioni dell'Unione Europea, in Italia dovrebbero esserci 5.700 posti letto. Ce ne sono soltanto 500. La grande manifestazione nazionale “Non una di meno” pone sul piatto tutte queste necessità, e lancia la sfida ambiziosa di avviare la stesura di un piano d'intervento nazionale "dal basso," ovvero nato e guidato proprio dall'esperienza dei centri antiviolenza, delle case rifugio e delle associazioni femministe.

Ma se proseguire il dibattito e la collaborazione con le istituzioni è giusto e necessario, non significa che i centri vogliano essere istituzionalizzati.

Come spiega, c'è la volontà di preservare la libertà di programmare autonomamente e di gestire i rapporti con le donne che vi si rivolgono in maniera individualizzata e assolutamente riservata, in un rapporto di scambio volto ad affrontare la violenza in un'ottica di genere.

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