domenica 28 gennaio 2018
Pioltello, una strage di classe
(da Infoaut.org) Una Repubblica fondata sulla strage, lo
avevamo appena scritto. Dove si può morire ancora su un treno pendolari, in un
tratto segnalato da anni come ad alta pericolosità, dove mezzi antiquati
circolano su rotte lasciate all’incuria.
Il ministro senza vergogna Delrio riesce ad affermare che
il sistema dei trasporti italiano è uno dei più sicuri al mondo, incapace di
fare lo sforzo mnemonico che lo potrebbe condurre ad Andria, o a Viareggio,
solo per citare due esempi di una strage infinita che non sembra volersi
interrompere.
Anche a Pioltello, tra Brescia e Milano, sempre solita
storia. Il divario di classe, la cittadinanza fondata sull’esclusione, prendono
la forma di sottoinvestimenti nelle tratte battute dalla “gente” a cui tutti si
rivolgono. Quella che quando muore è un semplice “inconveniente tecnico”, come
dice Trenord.
E no, non c’è errore umano che tenga, se mentre miliardi di
euro si spendono per progetti inutili di nuove ferrovie o di nuovi gasdotti, la
gente muore mentre va a farsi sfruttare, perchè cedono i binari. La strage di
Pioltello è una strage di classe.
Il fenomeno della “fatica” strutturale è noto da secoli, e
anche il battage mediatico a cui stiamo assistendo, per il quale la
sostituzione del binario era di lì per essere effettuata, non può anestetizzare
la rabbia per un paese nel quale di manutenzione e messa in sicurezza si parla
sempre e solo dopo le tragedie.
E’ il momento del cordoglio dice Delrio, dello stare vicini
alle famiglie. Parole di plastica, buone solo a togliere l’attenzione da quello
che succede nel paese reale, quello in cui crollano i tetti delle scuole o dove
si muore negli ospedali.
O sui treni, in una concezione del trasporto orientata al
business, dove sia lo Stato che il privato hanno l’unico obiettivo di
massimizzare i profitti rivolgendosi agli utenti più ricchi a scapito di chi
per raggiungere luogo di lavoro o università non ha altre alternative a un
economico regionale.
I numeri parlano chiaro: l’Italia ha in programma tra il
2014 e il 2020 di investire 1,8 miliardi di euro nelle tratte ad alta velocità
o considerate di interesse strategico. All’interno di queste non ci sono le
rotte battute dai pendolari, circa 3 milioni di persone al giorno, che pagano
sempre più soldi per circolare su treni vecchi anche due decenni.
Binari da ammodernare, ma i soldi vanno altrove
Gli incarichi nelle società del trasporto locale dimostrano
una vicinanza di treni e strade: spesso chi le amministra non ha esperienze
manageriali
(di Milena Gabanelli)
Passo buona parte della mia vita sui treni. La mia prima
volta in Tribunale fu per una questione di treni. Il tema era proprio la
sicurezza sui binari delle tratte locali: Ferrovie chiese danni per 26 milioni
di euro. Perse la causa. Di chi sono le responsabilità nella tragedia di
Pioltello lo accerteranno periti e magistrati. Ora, come allora si muore nello
stesso modo, e si continua a viaggiare stipati come acciughe su treni vecchi,
sporchi e inefficienti, in balia di ritardi e cancellazioni.
Ogni giorno in Lombardia si muovono settecentomila
lavoratori, ci sono 17 tratte ferroviarie e 25 comitati di pendolari che da
anni chiedono le stesse cose: viaggiare in sicurezza e su convogli decenti.
Pagano il biglietto, chiedono forse troppo?
Trenord e la capogruppo Ferrovie Nord sono società a
controllo pubblico, nei cui consigli d’amministrazione siedono spesso politici
senza competenze adeguate. Oggi a capo di Trenord c’è Cinzia Farisè, una
manager d’esperienza, ma prima di lei c’era Giuseppe Biesuz: nel 2012 finì in
carcere per bancarotta (per fatti legati a un’altra società). È ricordato
soprattutto per le sue spese pazze con la carta di credito aziendale. Lo stesso
vizietto di Norberto Achille, che il 24 ottobre 2017 è stato condannato a 2
anni e 8 mesi di carcere per peculato e truffa aggravata, per aver addebitato a
Ferrovie Nord — di cui fu presidente per ben 17 anni — le sue spese personali e
quelle della sua famiglia. Oggi l’amministratore delegato di Ferrovie Nord è il
leghista Andrea Gibelli, percepisce una retribuzione di 290.000 euro l’anno, e
non vanta alcuna esperienza manageriale. Consigliere delegato della controllata
che gestisce la rete è Antonio Verro, ex dirigente della Edilnord, ma
soprattutto assessore comunale a Milano, e quattro volte parlamentare di Forza
Italia.
Le aziende partecipate o controllate da enti pubblici
rappresentano da sempre una «rendita» di quella politica che alimenta il
proprio consenso attraverso consulenze, appalti, assunzioni. Oggi, attraverso
fusioni e acquisizioni, si stanno creando importanti concentrazioni di potere.
Nel dicembre scorso è stato celebrato il matrimonio tra Anas e Ferrovie dello
Stato, dando vita a un gigante delle infrastrutture: l’attenzione è concentrata
su grandi opere e sull’internazionalizzazione. Si esulta, giustamente, per la
gara vinta in Grecia, e per l’accordo siglato Indian Railways per
l’ammodernamento della rete, ma ci si ricorda della tratta Milano-Cremona solo
quando deraglia un treno e tre persone perdono la vita.
Anche in Lombardia c’è vicinanza fra strade e ferrovie. Il
vicepresidente di Ferrovie Nord, Gianantonio Arnoldi, è al contempo
amministratore delegato delle Concessioni autostradali lombarde — nel cui
consiglio siede anche Cinzia Farisé, l’ad di Trenord. Tra i soci di minoranza
c’è Aurelia spa — società del Gruppo Gavio. Carlo Alberto Belloni, per oltre
vent’anni capo del collegio sindacale di Ferrovie Nord, dal 2007 è presidente
della società di scopo incaricata di realizzare l’autostrada Broni-Mortara — e,
in precedenza, è stato membro del cda della Bre.be.mi; un’autostrada voluta
dalla politica, oggi semideserta e con i conti in rosso. Quanti milioni di euro
buttati potevano essere investiti nell’ammodernamento della rete già esistente?
Anche Ferrovie Nord Milano, come Fs, mira alle acquisizioni
e ad espandere il proprio mercato oltre i confini regionali: l’anno scorso ha
infatti deliberato l’acquisizione del 50% dell’ Azienda trasporti Verona per 21
milioni di euro tramite la controllata Fnm Autoservizi. L’offerta ha creato non
poche polemiche, dato che la base d’asta era di 12 milioni di euro. La domanda
del pendolare è: perché ingrandirsi quando fai fatica a dare un servizio
decente agli utenti del tuo territorio?
In ultima analisi, ogni tragedia rappresenta uno strappo
nella fiducia dei cittadini nei confronti di chi amministra la cosa pubblica.
In loro nome, ma non nel loro interesse.
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