
giovedì 22 marzo 2018
A Genova fu TORTURA
dalla redazione del periodico "Altreconomia":
Da tempo ci occupiamo a vario titolo della tortura praticata
in Italia e delle risposte offerte dallo Stato e perciò crediamo che Enrico
Zucca, nel suo intervento di ieri a un convegno a Genova, abbia espresso una
verità che ci trova pienamente concordi. La risposta delle istituzioni alle
torture compiute su decine e decine di persone nelle giornate del G8 di Genova
del 2001 è stata gravemente inadeguata e ha tradito largamente lo spirito e la
lettera delle sentenze di condanna contro l’Italia inflitte dalla Corte europea
per i diritti umani per i casi Diaz e Bolzaneto.
Un appello a sostegno del pm Enrico Zucca
Alla Diaz, così come a Bolzaneto, fu tortura. L’ha
sentenziato la Corte europea dei diritti dell’uomo, più volte. La “colpa” del
sostituto procuratore generale presso la Corte di appello di Genova è di
ricordare che le prescrizioni della Corte di Strasburgo sono state disattese

Sono state disattese sia le indicazioni sulle misure
necessarie a prevenire nuovi abusi (vedi la contorta e inapplicabile legge
dell’estate scorsa e la mancata introduzione dei codici di riconoscimento sulle
divise), sia le prescrizioni circa la necessaria rimozione dei funzionari
condannati in via definitiva (abbiamo invece avuto protezioni, promozioni,
inopinati ritorni al vertice). Solo rispettando simili indicazioni è possibile
tutelare la dignità e credibilità delle forze di polizia, sia sul piano interno
sia su quello internazionale. Enrico Zucca ha detto una semplice quanto
sacrosanta verità, che sottoscriviamo.
Il poliziotto delle molotov alla Diaz del G8 di Genova,
Pietro Troiani, – dopo la condanna e il rientro in servizio – fa un balzo in
carriera: sarà il dirigente del Centro operativo autostradale di Roma che ha
competenza su tutto il Lazio. Il principale d’Italia.
… È soltanto l’ultimo caso. Prima era toccato a Gilberto
Caldarozzi (condannato a 3 anni e 8 mesi per falso), il braccio destro di
Gianni De Gennaro (capo della polizia ai tempi del G8) destinato a diventare
numero due della Direzione investigativa antimafia. Caldarozzi è stato poi assunto
in Finmeccanica, società controllata dallo Stato e presieduta all’epoca proprio
da De Gennaro.
Le carriere non avevano subito stop neanche durante i
processi: Francesco Gratteri era diventato capo della Direzione centrale
anticrimine; Giovanni Luperi capo-analista dell’Aisi (il servizio segreto
interno). Filippo Ferri guidava la squadra mobile di Firenze; Fabio Ciccimarra
era capo della squadra mobile de L’Aquila e Spartaco Mortola capo della polfer
di Torino.
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