lunedì 7 luglio 2014

Riappropriamoci degli stabili pubblici inutilizzati

BRESCIA: SENZA TETTO OCCUPANO UNA EX CASA DI RIPOSO IN CITTA’
Sabato 5 luglio 2014 un folto gruppo di senza tetto ha occupato l’ex casa di riposo comunale Arvedi di via Mantova 99 a Brescia: una struttura lasciata a se stessa pochi mesi fa ma ancora in perfette condizioni, sia all’esterno che all’interno tra mobilio, sanitari, camere e spazi comuni.
 
Gli occupanti, nativi e migranti, dormivano sui treni fermi in stazione a Brescia e Desenzano, da dove sono stati ripetutamente cacciati.

Per trovare una sistemazione alternativa alla strada hanno così deciso di riappropriarsi di uno dei tanti stabili lasciati vuoti e abbandonati in città a Brescia.

L’associazione “Diritti per Tutti” di Brescia, attiva da anni sul tema del diritto all’abitare, è stata contattata dagli occupanti per aiutarli nella divulgazione della notizia e nella convocazione di una conferenza stampa nella quale hanno diffuso una lettera aperta al sindaco della città, Emilio Del Bono.

Gli occupanti gestiscono comunque in maniera totalmente autonoma l’occupazione.



Prime notti (senza luce) all'ex Arvedi
Il blitz dei senzatetto ha permesso di dare «un letto vero» a chi prima dormiva per strada

Bresciaoggi, 7 luglio 2014. La prima notte in un letto quasi vero, da Natale, quando Antonio non ha dormito sul treno o all'addiaccio solo perché «ero in ospedale per un infarto». Quasi vero perché ancora non ci sono i materassi sulle reti trovate all'interno dell'ex casa di riposo “Arvedi” di via Mantova, occupata sabato mattina da una gruppo di uomini e donne, quasi tutti italiani, che per mesi ha dormito in stazione o sulle panchine. Un'azione figlia dell'emergenza e del bisogno, senza tante rivendicazioni ideologiche: ciò che ha spinto queste persone è stata l'esasperazione di una vita senza fissa dimora, l'umiliazione di dover dormire sulle panchine ricevendo spesso il disprezzo dei passanti per uno stile di vita che non si è certo scelto volontariamente ma che stanno vivendo per una serie di concause legate alla crisi, alla perdita del lavoro e del reddito. Il giorno dopo nella grande struttura comunale con quasi cento posti letto, chiusa da un anno e non riutilizzata, c'è calma e silenzio di una domenica dell'estate cittadina. «Una coppia di bresciani ha fatto la spesa e ce l'ha regalata, perché abbiamo bisogno di aiuto, di generi alimentari, per le pulizie e magari anche abbigliamento. Il problema è l'assenza di elettricità e questa notte le donne hanno avuto qualche difficoltà ad andare in bagno», continua Antonio nel farci da guida all'interno. Le persone si sono fermate al primo piano, chi singolarmente chi, come Antonio, con la moglie.
IL SECONDO È STATO lasciato libero per eventuali altre persone che avessero bisogno di un tetto di emergenza. Ripulite le stanze, sistemate le poche cose che posseggono, il problema ieri era letteralmente quello del cibo, poiché nel giorno festivo anche le mense dove generalmente si recano sono chiuse. Da qui la richiesta di solidarietà alla città, che già si era mostrata sensibile ad una simile esigenza manifestata dai profughi all'indomani della loro occupazione dello stabile di via Marsala o in occasione della prima occupazione a scopo abitativo che ancora esiste, l'hotel di via Corsica.
Il grande punto interrogativo è però il futuro: gli occupanti già hanno in mente lavori e sistemazioni degli spazi della ex “Arvedi”, per allestire, per esempio, una cucina funzionante e le stanze. Ma occorre fare i conti con il Comune, proprietario dell'immobile e che, come dichiarato sabato dall'assessore alla casa Marco Fenaroli, ha già un progetto in atto per questo stabile. Quest'oggi dovrebbe esserci un incontro. «Disponibile al dialogo ma sia chiaro che da qui non mi muovo se non con alternative valide e soprattutto concrete», commenta Antonio a nome di tutti.

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