sabato 3 gennaio 2015

La drammatica crisi di un'altra storica azienda bresciana

Stefana, rabbia e mobilitazione a oltranza
Da lunedì il presidio davanti allo stabilimento di via Bologna a Nave Bertoli: «L'azienda ha gettato la maschera. Pronti ad altre iniziative»

(Bresciaoggi, 03.01.2015) La pazienza è finita, il tempo degli indugi pure. Lunedì mattina i lavoratori della Stefana spa di Nave si ritroveranno davanti ai cancelli dello stabilimento centrale, in via Bologna: daranno il via a un presidio permanente per manifestare apertamente il «dissenso rispetto all'operato della proprietà» e per esprimere la dilagante «preoccupazione rispetto alle prospettive future» che toccano da vicino anche le altre fabbriche della società in via Brescia (sempre nel comune valtrumplino), a Montirone e Ospitaletto.
LA MOBILITAZIONE - quale ulteriore sfogo di una rabbia andata progressivamente aumentando - è stata annunciata dal segretario generale della Fiom di Brescia, Francesco Bertoli, durante l'assemblea di ieri pomeriggio, convocata dai metalmeccanici Cgil al teatro «San Costanzo» di Nave riempito da centinaia di dipendenti.
L'iniziativa è emersa nell'ambito di una minuziosa relazione, che ha passato in rassegna gli aspetti più critici dell'attuale situazione della Stefana, azienda siderurgica alle prese con problemi di natura finanziaria e un pesante indebitamento. In particolare l'attenzione, come ha sottolineato Bertoli durante il suo intervento, continua ad essere puntata su due fronti: in primo luogo, naturalmente, l'attività nei vari stabilimenti; attualmente la produzione è ancora ferma per la pausa connessa alle festività di Natale e fine anno: secondo le scadenze dettate dalla proprietà dovrebbe riprendere progressivamente dall'8 gennaio, ma tanto i sindacati quanto i lavoratori nutrono forti perplessità.
DUBBI CHE, nelle ultime ore, si sono ulteriormente addensati dopo lo stop all'erogazione di energia elettrica nel sito di via Brescia a Nave deciso dalla società che gestisce il servizio: una fornitura, come spiegato dal leader Fiom, poi ripristinata ma subito accompagnata da nuove sospensioni (dopo quelle di novembre) sul fronte del gas. Criticità che fanno il paio con i dubbi legati alla mensilità dicembre - «l'azienda deve dirci se ha intenzione di pagare gli stipendi…», è stato evidenziato in assemblea - e quelle connesse al mancato rinnovo del contratto di solidarietà, per il quarto anno (il terzo è scaduto a fine 2014) negli insediamenti di Montirone e via Brescia a Nave, che contano rispettivamente 95 e 108 su un totale di oltre 700 dipendenti considerate pure le altre due fabbriche dove il «Cds» scadrà il prossimo maggio.
ALLO STESSO tempo Bertoli - che oggi proverà a «sondare» i giudici - ha posto l'accento sulle incertezze sottese alla delibera del Cda (del 29 dicembre scorso) per la richiesta di ammissione al concordato preventivo (in continuità) «con riserva»; l'istanza è stata depositata il giorno 31 al Palazzo di giustizia che, a breve, potrebbe (e dovrebbe) indicare il termine per presentare il piano concordatario. «La spa con questa mossa ha gettato la maschera, ha messo nero su bianco la propria situazione di crisi: ora non ci rimane che attendere di sapere quale sarà il responso del Tribunale di Brescia - ha detto il leader territoriale della Fiom -. Presidiare la sede centrale della Stefana, da questo punto di vista, ci darà la possibilità di comunicare in tempo reale con i lavoratori non appena avremo notizie significative: la mobilitazione continuerà a oltranza, se necessario saremo pronti a estenderla agli altri siti, a mettere in campo altre iniziative ed a convocare altre assemblee».
LA MASSICCIA presenza di lavoratori nel teatro di Nave ha ulteriormente confermato i timori per le «nubi» calate sugli stabilimenti della Stefana. «La situazione con la quale dobbiamo confrontarci ha radici molto pregresse, che l'azienda ha sempre voluto tenere nascoste», ha sottolineato a caldo Alessandro Stefana, uno degli addetti della sede di via Bologna. «Nutriamo seri dubbi rispetto al fatto che arrivati a questo punto la produzione possa riprendere entro le scadenze fissate dalla proprietà. Ora vediamo cosa succederà con la mobilitazione: assistere inermi a questo declino non aveva più senso» ha aggiunto. Sostanzialmente in linea le considerazioni di Nunzio Angeli, occupato nella sede di via Brescia: «L'altro grosso problema è che la società non ha ancora capito cosa vuole fare, continuando oltretutto a negare il dialogo con i lavoratori». Per Ivan Gatti (dipendente a Montirone) servirebbe una soluzione drastica: «In certi momenti è utile toccare il fondo per ripartire. Quello che stiamo vivendo ora direi che è proprio uno di quei momenti. Circolano voci su un probabile cambio di proprietà: non so quanto ci sia di concreto, l'unica certezza è che, senza sviluppi positivi, qui è la fine».
LE PROSPETTIVE, viste le attuali condizioni dell'azienda, preoccupano anche Fabio Moreschi (dello stabilimento di via Brescia) e tutti gli altri operai. «Se una realtà storica come la Stefana dovesse fermarsi - ha detto - il danno sarebbe enorme, non solo per i lavoratori e le rispettive famiglie, ma per l'intera economia del territorio: l'auspicio è che un segnale forte, come il presidio a oltranza, possa generare risultati incoraggianti»

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