domenica 24 luglio 2016
A chi fa paura il reato di "tortura"?
Nel 15esimo anniversario dei gravi fatti di Genova, si ferma
nuovamente la discussione sul reato di tortura
Con una infelice coincidenza temporale, proprio mentre
ricorre il 15esimo anniversario delle gravi violazioni dei diritti umani
avvenute a Genova nel 2001, la discussione parlamentare sull'introduzione nel
codice penale del reato di tortura ha conosciuto un ulteriore, ennesimo stop.
La sera del 19 luglio, al termine della riunione dei
capigruppo, il presidente del Senato ha infatti annunciato il differimento sine
die dell'esame del ddl tortura "al fine di ulteriori approfondimenti sul
testo".
Dopo 27 anni, sei mesi e 10 giorni da quando l'Italia ha
assunto l'obbligo, ai sensi della Convenzione Onu contro la tortura, di
introdurre il relativo reato nel codice penale, la discussione pare nuovamente
a un punto morto.
Negli ultimi giorni, contro il reato di tortura si è
pronunciato anche il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, paventando il
rischio che la sua introduzione costituirebbe un danno per le forze di polizia.
"Non pare davvero che nei numerosi paesi europei in cui
esiste il reato di tortura, l'operatività, l'onore o l'autorevolezza delle
forze di polizia siano compromessi" - ha dichiarato Antonio Marchesi,
presidente di Amnesty International Italia.
"In uno stato di diritto è nell'interesse specifico
della polizia, oltre che nell'interesse generale dei cittadini, che i crimini -
e la tortura è un crimine - siano puniti. Il Ministro dell'interno, affermando
che il reato di tortura non va approvato in quanto dannoso per la forze di
polizia, sembra dire esattamente il contrario. Speriamo che si corregga, e che
dimostri di avere una cultura dei diritti umani. Al momento il dubbio che non
sia così è legittimo".
"Nel 2011, in occasione del decimo anniversario di
Genova, avevamo parlato di una 'macchia intollerabile e impunita nella storia
dei diritti umani in Italia'. Siamo costretti a usare le stesse parole, cinque
anni dopo. Cinque anni passati invano, dal punto di vista dell'adeguamento
della legge italiana agli obblighi internazionali in materia di tortura, come
più volte ricordato dagli organi di giustizia europei".
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